Alessandro si recò a passo deciso nel soggiorno. Camminando calpestò un homonucolo, rompendolo irrimediabilmente. Il corpo del piccolo essere venne spiaccicato sul tappeto, rilasciando un umore bianchiccio tutto attorno a se, macchiando tra l'altro il pregiato persiano che gli era costato un occhio della testa.

- Un giorno o l'altro vi butto tutti nel camino - borbottò allora Alessandro, pulendosi la suola della scarpa con il fazzoletto. Gli homonucoli, scioccati dall'accaduto, corsero via sibilando e soffiando come gatti spaventati. Con una rapidità di movimento tale da permettere loro di eludere le occhiate minacciose di Alessandro, che nel frattempo meditava di non soffermarsi a quel primo delitto, gli homonucoli si nascosero sotto ai mobili, e da lì presero a studiare i movimenti del padrone di casa con occhi colmi di paura e mortificazione.

Alessandro decise di ignorarli. Entrò in soggiorno spogliandosi del mantello e del maglione in lana. Si avvicinò alla finestra, guardò fuori attraverso le fessure delle persiane per un istante, dopodichè tirò le pesanti tende in cuoio per lasciar fuori eventuali sguardi di curiosi passanti. Dopo un'ultima occhiata alla porta d'ingresso, si recò verso lo scaffale che faceva da libreria. Contò il sedicesimo libro a partire dal secondo piano a sinistra, ed estrasse un volume. Lo scaffale scivolò di lato: dietro di esso comparve un'entrata.

Hyeronimus, l'Inquisitore Capo, tracciò il sigillo sul foglio di pergamena utilizzando la penna della ricerca. Disegnò i simboli e le linee del sigillo con la precisa, tipica lentezza di chi opera nel campo delle evocazioni da molti anni. E infatti il sigillo, una volta terminato, lampeggiò di porpora come se fosse stato disegnato col fuoco, segno inconfutabile che le figure erano tutte al posto giusto, e che l'inchiostro aveva assolto alla sua funzione di veicolo dell'energia magica.

Gli assistenti di Hyeronimus partecipavano a quella indagine sofisticata stando in ginocchio, immobili e in muta contemplazione al di fuori del cerchio. Nemmeno quando l'evocatore pose il sigillo nel braciere, e pronunciò le parole di comando, gli assistenti fiatarono. Zitti, come scolpiti nel sale. Saldi nel loro silenzio persino di fronte all'apparizione del demone richiamato da Hyeronimus, una creatura nera, vacua e terribilmente puzzolente, che li scrutò uno ad uno prima di rivolgersi direttamente all'Inquisitore capo.

- Sono stufo di essere interpellato, Hyeronimus. Possibile che le tue inutili indagini debbano per forza richiedere il mio intervento? - domandò il demone con voce rauca e profonda.

- Non sono inutili, e tu lo sai - sibilò l'Inquisitore. - Finché ci sarà da scovare anche solo un eretico o un turpe faccendiere dedito al mercimonio di cose proibite e pericolose, tu sarai interpellato. E' meglio che te ne faccia una ragione, spirito!

- E allora sentiamo, che cosa vuoi sapere questa volta? - ringhiò sardonico lo spettro, accennando un goffo inchino. - Devo rivelarti chi si nasconde negli anfratti dell'etere astrale per compiere crimini vestendosi da incubo o da succubo? O preferisci essere avvisato in merito a chi attenta alla vita dei nostri governanti, utilizzando magari gli ultimi ritrovati bellici che la stregotecnica clandestina può mettere in piedi? Dimmi, forza, sono qui... per servirti.

- Niente di tutto ciò - rispose Hyeronimus, facendo un gesto con la mano come a voler scacciare una mosca fastidiosa. - Quel genere di indagini sono di competenza del reparto di pubblica sicurezza. E comunque conosco i tuoi poteri e i tuoi limiti: so che non ti è concesso nominare gli esseri umani in modo diretto, e quindi è inutile chiederti informazioni relative ad un nome. Piuttosto, ho bisogno delle tue doti di cercatore occulto per sapere dove si trova il blasfemo che ha osato acquistare materiale proibito dal mercante che ora ti mostrerò... Ripeto, non mi importa sapere chi è l'acquirente, ma solo dove si trova.