- Ma non possono stare fuori dell'acqua - disse una vecchia dal buio in fondo alla terrazza.

- E' vero, come fanno respirare? - disse un'altra voce femminile.

- Was ist das? - il tedesco indicava il ritaglio di giornale che tremava nelle mani del vecchio.

- Deve essere una nuova specie, come dice qui - mormorò il vecchio.

- Cosa, cosa? - si sentì chiedere dal buio. Nessuno rispose.

- Una mutazione genetica, una specie d'evoluzione accelerata - il vecchio sembrava incantato. - La vita viene dal mare e...

- Ero sulla spiaggia, hanno fame - dissi io.

- Nessuno è tornato dalla spiaggia - mi rispose il cameriere.

- Io e Dani eravamo sulla spiaggia, sotto il carretto - dissi e le tastai la fronte.

- Sotto che cosa? - chiese il cameriere.

- Sotto il carretto dei gelati - e raccontai cosa avevo visto, dell'altezza delle bestie, del colore, del becco e delle persone tranciate e della spiaggia ripulita da tutti i corpi.

- Non ti credo - disse la cameriera con l'asciugamano che s'era aperto sulle gambe. Distolsi lo sguardo. Ma anche la sua faccia non mi piaceva.

- Forse è stato il freddo a salvarlo - disse il vecchio. - Non ti hanno sentito per via del freddo. Quanti erano?

- Non so, io ne ho visti decine.

- Dei predatori voraci e infallibili.

- Predator? - disse il tedesco che ora provava con l'inglese o con il titolo di un film con Swarzenegger.

- Perché noi? - chiese una voce che era una specie di lamento. Il vecchio si alzò in piedi e s'appoggiò al corrimano della terrazza.

- Siamo le prede più grosse - disse. - Le più grosse, e carnose, ben oliate, rosee e morbide e dolci e tante...

La cameriera urlò e fece per alzarsi. Il tedesco la tenne per un braccio.

- Tutta quella carne stesa al sole. Dove altro ne possono trovare tanta? Provate a pensarci un po' - il vecchio si voltò verso la pineta, oltre si sentiva il mare. Il vento gli drizzava i capelli sulla testa e a me venne in mente lo scienziato pazzo.

Poi sentii mormorare dal fondo della terrazza. Qualcuna delle vecchie stava pregando.

Rimanemmo a parlare fino all'alba. Senza energia elettrica e telefoni non ci sono molte altre cose da fare. Ogni tanto pensavo a Caterina e mi pareva di svenire. Mi appisolai alle primi luci.

Il tedesco mi svegliò poco dopo. Dani aveva fame e piangeva. Forse aveva ancora la febbre. Decidemmo che bisognava scendere nelle cucine per prendere da mangiare.

Andammo io, il cameriere e lo scienziato pazzo. Se pensavo a cose dei film o dei fumetti mi pareva di non impazzire.

- Potrebbero essere usciti su tutte le spiagge del Mediterraneo - cominciò il vecchio.

- Se fossero stati dei terroristi a crearli?

- O i terroristi o qualche esperimento sfuggito di mano - disse il vecchio.

In fondo alle scale c'erano le vetrate frantumate e tante scie nere per terra, come se un Gran Mocio Vileda fosse stato trascinato intorno. Il bancone della reception era spinto contro il muro.

La cucina aveva una parete completamente sfondata verso l'interno. C'erano calcinacci e mattoni dappertutto. Dal buco si vedevano gli oleandri spezzati del giardino, il marciapiede sfondato e delle auto rovesciate. Non c'era nemmeno un corpo. Forse era la cosa più spaventosa, più del becco che trancia, dei tentacoli e del risucchio. Non c'erano i corpi da seppellire.

- La dispensa è di là - disse il cameriere arrampicandosi sulle macerie. - Dobbiamo andare via di qui. Appena mangiato io vado via.

- Dove vorresti andare? - gli chiese il vecchio.

- A casa - disse il giovane.