3. Visioni pericolose

Molte storie di James G. Ballard hanno al loro centro il Sole; ciò accade anche quando esso non è il principale motore della narrazione. Per esempio, il romanzo Deserto d'acqua (The Drowned World) parla sostanzialmente di una inondazione planetaria; eppure l'astro ha una evidenza fondamentale per vari personaggi. Se il mare ha sommerso buona parte delle terre, non vengono fornite analitiche giustificazioni del contesto; il disastro non è - come nella fantascienza consueta - scenario esotico per gesta avventurose o drammatiche, né tanto meno spunto per ammonizioni sui rischi del dissesto ambientale. L'inondazione globale diviene un pretesto, meglio un'allegoria, una amplificazione del nostro paesaggio psichico già compromesso. Prendiamo l'incipit dell'opera:

Fra breve il caldo sarebbe diventato insopportabile. Affacciato al balcone dell'albergo poco dopo le otto, Kerans guardò il Sole levarsi per i densi cespugli delle gimnosperme giganti che cresceveno sui tetti dei grandi magazzini abbandonati, quattrocento metri più in là. Il calore del Sole era implacabile. Il suo disco non aveva più un contorno definito; era divenuto un'ampia ellissi che si allargava sopra l'orizzonte simile a un'enorme sfera di fuoco, trasformando la superficie senza vita della laguna in una lastra di rame scintillante. A mezzogiorno, l'acqua avrebbe assunto l'aspetto di un fuoco liquido.

Il panorama da epoca giurassica è in sintonia con la regressione psichica dei personaggi: dopo estenuanti avventure, costoro - Kerans in primis - si intestardiranno a dirigersi verso Sud, terra idealizzata d'una problematica salvazione. Ed è questa la conclusione del cerchio, e del romanzo:

Semiaddormentato, Kerans ripensò agli avvenimenti degli anni trascorsi, che erano culminati con il loro arrivo alle lagune centrali e lo avevano lanciato verso la sua odissea neuronica; pensò a Strangman e ai suoi pazzi alligatori e, con una profonda trafittura, a Beatrice e al suo sorriso. Infine, con la canna della .45 senza munizioni incise un messaggio sul muro sotto la finestra, sicuro che nessuno l'averebbe mai letto: "Ventisettesimo giorno. Mi sono riposato e vado a Sud. Tutto bene. Kerans".

Così se ne andò dalla laguna e rientrò nella giungla. Dopo pochi giorni si era completamente perduto seguendo le lagune verso Sud, in mezzo alla pioggia e al calore crescenti, attaccato da alligatori e pipistrelli, un secondo Adamo in cerca del paradiso dimenticato del nuovo Sole.

Deserto d'acqua è del 1962. Due anni prima era uscito il suo racconto Le voci del tempo (1960; The Voices of Time), in cui ancora una volta il Sole occupava una posizione cruciale nello "zodiaco" ballardiano: una mutazione nell'irradiazione dell'astro ha per conseguenza un improviso calo demografico tra gli umani. Subentrano assurde trasformazioni degli animali: armadilli con corazze di piombo, piante di cactus piene di oro, ragni giganti tessono reti che sono sistemi nervosi esterni. Contemporaneamente, da un costellazione comincia a pervenire un radiosegnale che sembra la scansione implacabile di un conto alla rovescia, e ogni numero del countdown è composto da cinquanta milioni di cifre. E' il tempo che separa dalla fine dell'universo? Si sta diffondendo una nuova malattia, che induce il sonno e rallenta la percezione del tempo. In tale contesto deviato, il Sole finirà con l'acquisire i significati del mandala nel disegno che il protagonista traccia sul fondo di una piscina prosciugata; un mandala che ha agganci con vita e morte: