Mi sono limitato a guardare, e mi sono sorpreso di non trovare niente di crudele in quella specie di continuo disegno curvo che si ricreava mille volte nuovo. Contro la bocca vibrava l'acqua increspata dai loro guizzi, pinne code argento dorato, dorsi argento nero, ventri bianchi lunari, quasi sentivo sotto i denti la loro consistenza piena, restavo senza essere incuriosito né affascinato ma leggermente sorpreso di potere io, proprio io, guardare così vicina la morte.

La lotta si è conclusa in un morbido breve fiore di sangue, e mi sono reso conto: il pesce più piccolo aveva ucciso il più grosso. Forse era più pericoloso, meglio armato dalla natura, o anche velenoso, non so; per me resta la realtà di quel pesce scuro e allungato che si allontana dal bianco nemico senza più toccarlo, ucciso non per fame.

Solo quando sono riemerso e mi sono gettato a faccia in giù sulla sabbia calda la violenza mi è esplosa dentro, come un orgasmo a lungo trattenuto.

* * *

I gabbiani volano.

I gabbiani vanno e vengono dall'isola.

L'acqua li culla dolcemente e godono il sole del mezzogiorno, e il liquido calore dorato che scende, e sotto, il mare caldo che li fa dondolare qua e là.

In mezzo i bianchi corpi compatti.

Nei giorni di burrasca le loro grida riempiono la baia. Ma le burrasche non durano mai molto.

Così riprendono il loro volo.

Vanno e vengono. Quando vogliono. Dall'isola.

I gabbiani sono fatti di luce.

* * *

Ogni notte, lei viene. L'ho voluta chiamare Hermione, forse per i suoi lunghi capelli rossi. E mi muove incontro senza sorriso, scivolando sull'acqua, le gambe di danzatrice di favola così bianche contro il verde del mare, contro il verde di un cielo ancora più verde e nero e denso, e intorno a lei, ai suoi capelli fluttuanti, gravitano pesanti, bianchi e vellutati, grandi uccelli dalle lunghe ali spezzate.

Non cerco mai di fermarla.

Stanotte ho dormito sulla spiaggia e l'alba rosa mi ha trovato, le ginocchia sotto il mento, a guardare il mare ancora grigio diviso in piccole onde. I primi gabbiani svegli si lisciavano le ali, gonfie della notte. E d'improvviso nella mente mi è passato un pensiero in più: un pensiero estraneo, quasi una striscia di fumo sottile che attraversava il cervello e confusamente parlava di bisogno di cibo e calore. Ma è svanito subito, e certo mi sono sbagliato.

Sull'isola ci sono solo i gabbiani.

IV.

...Sul fondale come al solito, la schiena poggiata alla roccia in un punto dove una fitta vegetazione di muschi la rende liscia, quasi viscida. Mi ero rimesso il respiratore e il sangue aveva ripreso a scorrere normalmente.

L'acqua era immobile. Di fronte a me scorreva, esitando a tratti, uno sciame di pesci azzurri trasparenti. E' stato allora che mi sono sentito sfiorare il braccio. Ho guardato, e l'alga era lì dolcemente adagiata sulla pelle, e dolcemente un'altra che nasceva dallo stesso stelo si avvicinava come se anche lei sentisse, e volesse condividere, offrire una carezza. Sono rimasto un attimo a osservarla; poi quando si è appoggiata al braccio accanto all'altra sono risalito con uno scatto

su su

all'aria

al sole

alle palme mosse dal vento.

Stavo giocando a ostacolare col piede la passeggiata di un granchio, quando è accaduto di nuovo: la mia mente è stata invasa da pensieri estranei. Il bruciore superficiale di un'idea di irritazione e fatica, anche un lieve smarrimento; poi - più sotto - come una nebbia spessa e soffice, sensazioni di caldo, acqua, desiderio di cibo... pigrizia, dondolare, la femmina che ormai è mia... Quella nuvola lontana, segno di tempesta... Vento; salsedine, e il luccicare di un pesce che si avvicina; in fondo, sommersa, la mia angoscia in cui annegava ogni illusione di errore, ogni tentativo di difendermi ancora.