Ringraziarono la prudenza che li aveva fatti decidere di rifugiarsi nel ritano, lontano dal finimondo che doveva essere imperversato.

Superarono lo sperone di tufo e s'accucciarono dietro un enorme tronco riverso, ancora zuppi di freddo e di rugiada. L'aria pesante era satura di un fumo nero, dolciastro. Alba sgranò gli occhi quando si accorse delle cinque figure che apparivano dagli ultimi vapori della guazza.

Il cielo si preparava alla rovina sopra di loro, ma i volti dei soldati emersi dal nulla erano più spettrali di qualunque incubo.

Moreno e Alba si strinsero per debellare i tremori che li scuotevano, ma le creature volsero occhi di ghiaccio su di loro, e ghigni spietati che rilucevano nei vapori. Impugnando antichi moschetti corrosi dal tempo, sul capo impossibili elmetti armati di sperone, tutti insieme si mossero, e avvicinandosi al rifugio dei partigiani mostrarono chiari i loro volti esangui.

8

La notte si prosciugò nel chiarore assorbente dell'aurora, gustata dalle rosse labbra del mattino, e Umberto era lì a scrutare, appollaiato sul suo albero come se non sentisse le formiche che gli avevano intorpidito le gambe.

Poi ci fu uno schiocco attutito dalla neve, e la doppietta saettò con i cani abbassati, pronta a latrare nel silenzio del bosco.

- Attento, partigiano, siamo noi!

Gli occhi fondi del fucile scrutarono l'apparire delle ombre dal folto.

- Che fate, qui? - volle sapere Umberto scaricando i cani.

- Siamo venuti a farti compagnia - fu la risposta di Paride, preceduta da una voluta di vapore. - C'è da rabbrividire a starsene soli in questo posto tutto il giorno.

Umberto non rispose. Si limitò a spenzolare le gambe all'infuori raccogliendo in grembo la doppietta. Fermo si fece avanti.

- Non credi di rischiare troppo? - disse. - La tua pelle non vale un'oncia di quella dei fascisti.

Umberto sputò dall'alto la cicca di sigaretta che aveva masticato per tutta la notte.

- E' di quell'altra razza che m'importa - affermò. - Arriveranno, prima o poi, e io sarò qui ad aspettarli.

- Hai fede nel capitano Anchise?

- Non è questione - fu la risposta acida. - Prima o poi, grosso o pattuglia, di qui passeranno. Se non altro per fare acqua contro il mio tronco.

- E noialtri? - protestò Paride. - Murello e i suoi borghesi? Non ci pensi ai tuoi compagni e ai bambini che abbiamo da difendere?

Un getto di saliva partì e si schiantò nella neve, a pochi centimetri dagli scarponi di Fermo.

- Io aspetto - fu la pacata risposta. - Voialtri fate quello che vi pare.

Fermo esalò aria calda nelle mani giunte a coppa, pestò i piedi che gli si stavano intirizzendo e cercò l'asciutto su una radice sporgente dalla neve.

- Come vuoi - commentò con uno sbuffo, - vorrà dire che aspetteremo anche noi. - E sedette scuotendo il capo.

9

Quando l'alba si preannunciò, radi atomi di luce dispersa improvvisamente presero vigore, riverberarono come se si fosse aggiunto un secondo astro al sole e l'immensa volta si arcuò, dilaniata dal frastuono dei cannoni.

- Ci siamo! - esclamò Paride tirandosi in piedi. Con il collo teso seguiva la parabola dei traccianti. Faceva freddo, e il partigiano sembrava un ragazzino infagottato che se ne stesse impalato e tremante a rimirare i fuochi d'artificio.

- Scansatevi da là sotto - li ammonì Umberto, piegando le canne della doppietta per verificare le condizioni delle cartucce. - Mi siete solo d'impaccio, così esposti. La mia è una faccenda personale.

Fermo si guardò attorno, scorse una ruga nel terreno ammantato di bianco e vi si diresse, seguito in silenzio da Paride. Era il letto asciutto di un torrentello, con un basso greto dipinto nella neve; vi caddero dentro cercando riparo dietro la scarna vegetazione scampata al morso del gelo.

Di tanto in tanto lanciavano sguardi verso l'alto, a raccogliere il riverbero spento delle canne della doppietta, tese in avanti, immobili come se sapessero da quale parte le uniformi brune sarebbero comparse.

Ormai era troppo tardi per cercare di fargli mettere senno, e forse era meglio non pensare allo scotto che avrebbero dovuto pagare per quella loro impennata di orgoglio cameratesco.