Innanzitutto una certezza: Troy è un film complessivamente noioso e inutilmente spettacolare in maniera indipendente dalla sua labile e presunta ispirazione dall'Iliade di Omero. Se, poi, si pensa al testo omerico, allora le cose si complicano passando dalla noia all'irritazione per lo scempio che Wolfgang Petersen fa non solo di uno dei testi più importanti della storia dell'umanità, ma - soprattutto - del suo spirito.

Un film confusionario in cui il Petersen che lo dirige è più vicino al se stesso de La tempesta perfetta e Air Force One che all'autore dello straordinario U- boot 56.

Due ore e quaranta minuti di battaglie e dialoghi assurdi al limite dell'esilarante, sono il tessuto narrativo di questa pellicola che vorrebbe essere una versione laica dell'epica troiana. Gli dei sono assenti (vengono, infatti, solo citati, ma non sono attivi) e al loro posto vengono individuati due filoni che trascinano l'azione: l'amore tra Paride (Orlando Bloom) e Elena (Diane Kruger) che fa ingelosire e arrabbiare Menelao, re di Sparta.

Suo fratello, Agamennone re di Micene (Brian Cox) è, invece, un re espansionista e crudele. Un vigliacco che ha bisogno dell'eroe Achille (Brad Pitt) per conquistare il mondo. Achille, invece, è un uomo dominato dalla voglia di uccidere. Un maudit che trova solo consolazione nei combattimenti e nelle donne per un male di vivere non del tutto chiarito. Amore e potere sono quindi la chiave di lettura di un film dove la storia non ti appassiona (incredibile, ma vero...) e - soprattutto - in cui i personaggi sembrano comportarsi in maniera monodimensionale. Eric Bana è un Ettore eternamente corrucciato, Peter O'Toole un Priamo che è poco più di una maschera. Ulisse (anche qui c'è una grande confusione con nomi latini dati ad eroi e divinità greche) è uno Sean Bean che non riesce ad andare oltre un ruolo di secondo piano.

E' bene, però, chiarire che la colpa non è degli attori che - anzi - sembrano mettercela tutta. La banale rilettura del testo omerico in chiave modernista, senza liricità e senza compassione, genera una sceneggiatura mediocre che - sorprendentemente - è stata scritta dall'autore de La venticinquesima ora...

A parte Brad Pitt che ha un ruolo più definito, tutti gli interpreti si trovano a biascicare battute marginali e prevedibili che non riescono a comunicare allo spettatore né la grandiosità, né tantomeno l'epos del testo omerico. Che, però, non è solo di Omero nel senso che al di là degli stravolgimenti narrativi con personaggi che muoiono, altri che non ci sono proprio e altri ancora che sopravvivono inspiegabilmente, Troy nasce da una stravagante mescolanza di Iliade, Odissea e Eneide.

Un film costruito nell'alternanza di battaglie e di dialoghi fragili, con lo sbarco a Troia che sembra preso di peso da Salvate il Soldato Ryan con tanto di frecce che fischiano nell'acqua. Per non parlare dei tanti errori e degli anacronismi con Sparta collocata sul mare, i cavalli con le briglie, le spade di plastica dipinte come se fossero di legno e il sole che sorge sul mare come se Troia fosse collocata a ovest e non a est... Insomma, ci spiace dirlo, ma Troy non ha niente a che vedere con Il gladiatore, ma è solo un'americanata di cui speriamo presto di dimenticarci.