La recente notizia che ad interpretare il mitico personaggio principale della serie tv Doctor Who, la più longeva della fantascienza televisiva, sia l'attrice Jodie Whittaker ha gettato nel panico gli appassionati, dividendoli in apocalittici e integrati. I secondi hanno accolto la novità più o meno come interessante o quantomeno hanno espresso curiosità nel vedere come si evolverà il personaggio. I primi hanno invece usato, in alcuni casi, toni da “guerra santa”, affermando senza mezzi termini che non vedranno più il telefilm e che per loro Doctor Who resterà per sempre un uomo.
Ma come è possibile? mi chiedo retoricamente. La fantascienza dovrebbe aprire la mente. Siamo in grado, leggendo un romanzo o guardando un film, di accettare mostri, alieni, creature di ogni forma e dimensione e poi se una donna interpreta il ruolo di un personaggio che è sempre stato interpretato da un attore, diamo di matto? Insomma, siamo seri, noi siamo fantascientifici.
E pensare che se dobbiamo l'esistenza di 36 stagioni televisive, dal 1963 ad oggi, e di ben 872 episodi, di quel bellissimo show che si chiama Doctor Who lo dobbiamo proprio ad una donna. Il suo nome è Verity Lambert ed è stata la prima produttrice del serial britannico.
Andiamo con ordine. È il 1962. Il produttore televisivo Sydney Newman propose alla BBC di realizzare uno show televisivo, fondamentalmente per bambini, che mescolasse scienza e fantascienza. Accanto a lui, in questa nuova avventura dai contorni ancora poco chiari, Newman volle la Lambert, che all'inizio non era molto convinta ella cosa, ma quando il produttore le propose di lavorare non come sua assistente, ma produttrice dello show, le cose cambiarono.
Venne realizzato il primo episodio con l'attore William Hartnell come protagonista. Il primo episodio andò in onda il 23 novembre del 1963 e non fu per nulla un successo, anzi. Ad onor del vero, va detto che il pilota (la prima puntata di uno show televisivo) andò in onda il giorno dopo la tragica morte del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy e continuò per altre 3 parti, ma Newman si convinse che il telefilm non avrebbe mai avuto successo e decise di chiudere la serie. A questo punto entra inscena la nostra eroina, che va detto: può essere considerata la donna che letteralmente salvò Doctor Who. Già, perché fu proprio Verity che convinse Newman che c'era del buono nello show e che la serie poteva raggiungere il successo che la BBC si attendeva. Ma non solo, Verity scelse tra le storie disponibili quella dove per la prima volta apparivano i Dalek, acerrimi nemici robotici del Dottore, che erano descritti come mostri a forma di insetti. A questo punto, intervenne Donald Wilson, capo diretto della Lambert e a capo della serialità televisiva della BBC all'epoca, che sconsigliò di girare proprio quell'episodio, perché ritenuto troppo “forte” per gli giovani spettatori a cui si rivolgeva. Alla fine, come abbiamo detto, la spuntò la Lambert e il secondo episodio della serie televisiva, anch'esso diviso in più parti, s'intitolava The Dalek.
Il giorno dopo i bambini di Londra andavano in giro imitando la voce robotica dei Dalek e pronunciando quello che era il loro motto: “sterminateli”. Il successo fu enorme e Wilson dichiarò che non si sarebbe più intromesso, perché era chiaro che Verity Lambert conosceva Doctor Who meglio di chiunque altro, compreso lui.
La Lambert aveva all'epoca solo 28 anni e nel 1964, il quotidiano Daily Mail dedicò alla donna un articolo, riconoscendo che introdurre i Dalek nello show era stata una mossa vincente.
La produttrice lascio Doctor Who dopo due stagioni, nel 1965, perché pensò che la serie televisiva aveva bisogno di nuove idee e che lei aveva fatto la sua parte. Una lezione di umiltà senza pari.
4 commenti
Aggiungi un commentoBeh, c'è un bellissimo film della BBC che ripercorre questa storia, molto bello.
Se non ricordo male, fu trasmesso anche da RAI 4 in occasione dell'anniversario della serie.
Concordo che da lettori di fantascienza ci si debba legittimamente attendere una maggior apertura mentale. Capisco che in certi casi ci siano delle aspettative legate alla continuity logica, difficili da comprendere se non alla luce di una insensata corsa fittizia al politically correct. Quando si prendono i Fantastici Quattro e si trasforma in persona di colore un personaggio storicamente bianco, non è detto che si stia facendo del bene alla causa dell'integrazione. L'integrazione significa aggiungere colori, mescolarne di nuovi, non cambiarli. Però il Dottore muta forma: non sono un vero fan, ma non ricordo che ci siano veri limiti al suo cambiare (dubito che perfino la massa esatta sia un vero vincolo), quindi se serve a mostrarci un Dottore che osserva l'universo con altri occhi, benvenuta Dottoressa.
Non condivido, la fantascienza va oltre l'immaginario collettivo ordinario, designa una realtà improbabile ma non impossibile, apre la mente a scenari futuristici ed eterogenei, sempre inquadrati in una logica che mai deraglia in risibili canoni pubblicitari e commerciali.
Le premesse per la nuova stagione del doctor who si prospettano pessime, innanzitutto perché assente il personaggio principale (ovvero il dottore), poi la cancellazione dei nemici classici, si pensi al maestro, ai dalek o i cyberman.
Se pensiamo inoltre agli stilemi forzati ed ormai banalizzati che si prestano a conquistare la serie, quali ad esempio la parità di genere o la modernità delle idee in mondo globale, allora il mal di pancia diventa cronico e l'indigestione assicurata.
Altro che fantascienza, questa è propaganda di scarsissimo profilo, becera riproposizione di una serie che ha fatto la storia, raggiungendo il culmine con Matt Smith e il declino con Peter Capaldi. E ora cosa ci vediamo, scandal o sex and city?
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