Faceva così solo con me. Aveva capito che ero diverso, ma non le interessava sapere il motivo. Come tutti gli abitanti delle penisola italica era una dominata, e aveva addosso così tante culture che non ne aveva alcuna. Avevo fatto ricerche su Petra Pan, dentro i dirigibili. Ma non c'era nulla. Era solo un nome e una matricola, turni di lavoro, produttività oraria. Nessun legame familiare, nessuna data di nascita. Elementi che ponevano la messa al mondo di Petra Pan dopo la Guerra dei Paralleli, dopo il caos, dopo il ritorno del carbone depredato da ciò che era rimasto della Ruhr, della Lorena, delle Asturie, dell'Europa. Dunque Petra Pan non poteva avere più di ventidue anni.Distesi il mio lungo braccio facendo tintinnare le piume di metallo sulle mattonelle del pavimento come un ventaglio floscio. Le presi le dita dosando la forza delle mie. Le epicicloidali protestarono la loro sporcizia per quel tocco di precisione, ma l'unica e preziosa mano di Petra Pan non corse il rischio di finire stritolata.Andammo verso le vasche nella luce sequenziale delle lampade da soffitto che proiettavano a turno l'ombra del mio possente carapace sulla figura minuscola di Petra Pan. Le piume strusciavano a terra, trillando, emettendo fischi argentei. Lei invece camminava leggera come solo la carne sa fare, frusciando appena dentro il camice.

Tutte le vasche erano libere perché il turno non era ancora cominciato, né c'erano pulizie straordinarie. La distesa di tinozze allungata nell'enorme sezione dell'ultimo piano del palazzo era così silenziosa che riuscii a sentire il gorgoglio dell'olio caldo che prendeva la via delle mie giunture mentre mi calavo nella vasca. M'immersi completamente, come al solito, come altre centinaia di volte. Solo che quella volta c'ero solo io e Petra Pan. Restai dentro l'olio per pochissimo e quando riemersi lei era già sulla passerella con il cavo di ricarica sotto l'ascella. Me lo inserì con delicatezza, lentamente, al centro del petto e io ebbi voglia di non muovermi mai più.

Poi fu solo la misurata velocità di Petra Pan.

Sono quasi certo che le menomazioni di Petra Pan fossero la spiegazione dei suoi movimenti costanti e precisi. Né lenti, né veloci, mai superflui. Erano il segreto della sua produttività e del mio piacere. Ci metteva più tempo delle altre lavandaie ma le sue pulizie garantivano un periodo di volo superiore alla media.

Una sola mano, un solo occhio e tutta l'attenzione del mondo.

Fu quella notte, mentre lei mi spazzolava meticolosamente la cremagliera della schiena nell'eco oleosa della sala delle vasche che decisi di parlarle.

Però il mio slancio fu interrotto dall'arrivo di un uomo in un completo azzurro che entrò dalla porta degli spogliatoi. Si guardò attorno, si avvicinò all'armadietto di Petra Pan, poi si girò e ci vide.

– Ehi! – urlò da lontano agitando un braccio.

Petra Pan si voltò, si mise a posto la piccola frangia con l'avambraccio, e gli sorrise. Gli fece un cenno col gomito e l'uomo camminò nella nostra direzione.

– Mi sembrava di averti visto arrivare – le disse quando fu ai piedi della vasca. Era un uomo alto. Il viso mancava di proporzioni. Forse non era bello.

– Sono arrivata un po' prima. Pure lui. – Petra Pan m'indicò mentre scendeva la scala a pioli della passerella.

– Sei arrivata prima per me? – L'uomo le si avvicinò sorridendo e poi diventando serio in modo strano. Petra Pan non disse niente. Chinò il capo tenendo largo il braccio per non sporcarsi. Dalla spazzola, l'olio picchiettava il pavimento.

Lui le mise una mano dentro il camice. Vidi che le prendeva un seno. Petra Pan ha i seni grossi e l'uomo si mise d'impegno per tenerlo con una sola mano. Andava su e giù e lei faceva dei suoni con le labbra e gli occhi chiusi. Sapevo che stavano facendo qualcosa di sessuale, solo che per me il sesso degli umani è come la loro bellezza. È difficile. Capisco cos'è e quando si manifesta, ma non riesco ancora a interpretarlo. Allora mi mossi, cercando di sfregarmi le ali addosso, ma ero pieno d'olio e il mio tentativo scivolò via. Allora mi staccai il cavo di ricarica dal petto e il cicalino d'allarme pigolò piano ma insistente.

Petra Pan riaprì gli occhi e si scostò dall'uomo. Incurvò la schiena e scosse la spalla per rimettere il seno dentro il camice: – Devo finire lui. Poi, dopo il turno... se ti va.

L'uomo mi guardò male. Aspettò un po' e con gli occhi ancora nei miei disse: – Non può aspettare?

– No – fece lei.

– Perché?

– Perché devo finire o la produ... produttività mi va giù.

– Piccola, la produttività la decido io. O pensi davvero di essere così brava?

Il mio cicalino continuava a pigolare, Petra Pan guardò il pavimento interdetta e l'uomo decise di dire: – Va bene... d'accordo.

Andò via facendo più rumore con le suole di quando era arrivato. Non si girò mai e uscì dalla porta in fondo.