— Si spogli — gli dissero. — Avanti, si spogli.
Si tolse la giacca e la camicia, poi i pantaloni. Si slacciò le scarpe. Il pavimento era freddo, e il gelo gli saliva lungo il corpo anche attraverso le calze. Stava male.
— Anche il resto — dissero. — Faccia in fretta.
Sfilò lentamente la canottiera dalla testa, e si fermò a fissare le mutande. Gli sembrava molto ingiusto dover restare nudo come un verme di fronte a tutti, Le tirò giù piano piano, osservando il suo membro appassito penzolare come un frutto marcio. Poi si tolse le calze.
— Adesso si appoggi al muro.
Fece qualche passo avanti. Esitava, Gli avevano detto che a volte quei muri erano percorsi dalla corrente elettrica, e bastava fare massa con un dito per rimanerci attaccati. Non voleva morire a quel modo.
— Non c’è niente — disse qualcuno. — Si appoggi.
Dopo un po’ aveva aderito col corpo al muro. Non era successo niente, ma il freddo gli era entrato fin nelle ossa, e si mise a tremare come se si fosse trovato sotto la pioggia con niente addosso.
— Ha freddo?
S’impose di non tremare più. Non ci riuscì.
— Cos’è — fece uno di quelli che gli stavano alle spalle — le hanno tagliato la lingua? Vuole rispondere?
— Ho caldo — disse.
— Cretino.
Un tirapugni di ferro venne a colpirlo nelle costole, e strinse le labbra per non gridare, e quando sentì il sangue colare giù dalla ferita credette ancora di morire.
— Avanti. Nome e numero di matricola.
— Giovanni Alfonsi.
— Anche il numero di matricola. Avanti, coraggio.
— Non abbiamo numeri di matricola.
— Lo sappiamo. A che squadra appartiene?
— Battaglione Unità.
— Anche gli altri?
— Sì.
La luce lo investiva sulla nuca. Stava voltato di faccia verso il muro e dietro di lui era acceso un enorme riflettore. Più indietro ancora c’era una scrivania, e attorno, seduti, cinque americani. Due guardie sulla porta col fucile in mano, forse italiani. Non poteva saperlo, non avevano ancora detto una parola.
— Lei parla inglese?
— No.
— Qual è il suo nome di combattimento?
— Tigre Rossa.
Sentì qualcuno alzarsi, e passi arrivare fino a lui. Uno degli americani lo afferrò per i capelli e gli voltò il viso verso la luce. Chiuse gli occhi, ma tutto quel chiarore gli sembrò ugualmente insopportabile.
— Ci sono solo Tigri Rosse nel vostro maledetto battaglione? — Sibilò l’americano.
— Mi lasci andare — disse. — Per favore. Sto male.
— Release him — ordinò un altro, e la presa dell’americano si allentò e lui tornò a voltare il viso verso il muro.
— Il suo vero nome di combattimento, allora?
Si piegò verso il pavimento e vomitò. Tutte e due le guardie corsero a sorreggerlo.
— Coraggio. — gli sussurrò uno all’orecchio. Era davvero italiano. — Se gli rispondi non ti fanno più niente.
— Merda.
— Sta meglio? — Chiese un americano.
— Si, credo di sì.
— Allora ci risponda.
— No.
5 commenti
Aggiungi un commentoSebbene ammiri l'ottima prosa di Curtoni, devo ammettere che, narrativamente parlando, questo racconto non è un gran che. Ma, soprattutto, dirà poco a un lettore che lo affronti oggi per la prima volta e che abbia meno di quarant'anni.
Provo io a dare qualche informazione: ma tenete presente che allora ero un liceale, poco esperto di politica.
Fa parte di una vecchia antologia di racconti fantapolitici, apparsa "illo tempore" su Galassia, e va contestualizzato pensando alla situazione degli anni Settanta. Qui, Curtoni ipotizza che l'Italia venga invasa dagli Stati Uniti, dopo un colpo di stato simile a quello dei colonnelli in Grecia (in effetti, pare che siamo andati molto vicini...). In un altro racconto dell'antologia "C'era l'Italia e c'erano gli eroi", Gianni Montanari ipotizzava addirittura una repressione del terrorismo "rosso" (preconizzando l'avvento delle Brigate Rosse) mentre Riccardo Leveghi, in "la Fenice", auspicava, con toni apocalittici, una rivolta che riportava al potere le idee del fascismo.
I compilatori dell'antologia erano Curtoni e Montanari da un lato e De Turris e Fusco dall'altro. Essendo schierati politicamente, su fronti estremi ed opposti, nonostante i loro buoni propositi di compilare un'antologia che fosse rappresentativa dei maggiori autori di allora e che contenesse un ampio ventaglio d'opinioni liberamente espresse, i curatori finirono per litigare. Credo che per un po' non si siano rivolti nemmeno la parola.
Il pezzo ha oggi soprattutto un valore archeologico, di testimonianza di un'epoca in cui anche il "personale" era politico (e la fantascienza non non poteva restare fuori)
Il titolo richiama Delany (Il tempo considerato come una spirale di pietre semipreziose) o Ballard (L'assassinio di John Fitzgerald Kennedy visto come una gara automobilistica in discesa).
S*
Avendo più di 50anni, leggendolo ora l'ho trovato ovviamente un po' demodè.
Ma istintivamente ho l'impressione che non mi avrebbe particoalrmente colpito neppure da giovane.
p.s.
Ho visto che c'è una scala di valutazione. Mi pare troppo sbilanciata sul favorevole ... di negativo un unico e ranchant "mediocre" (cavoli è impegnativo spingersi a tanto), poi si passa all'apprezzamento: discreto, buono, ottimo, capolavoro
È la scala standard, usata da tutti i giornali.
Discreto non è considerato apprezzamento.
S*
cassato perché OT.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID