- Ma nel farlo dimentichiamo noi stessi, diveniamo una scintilla vitale preda del caos, dell'entropia, ci adattiamo a essere frammenti e alla fine moriamo. E alla nostra morte la scintilla torna alla Stazione, dove dobbiamo liberarci della solitudine, del fardello della paura: la contaminazione del sogno in cui abbiamo vissuto. Dobbiamo rimuovere quei residui che restano attaccati, quelle traiettorie che non si ripetono.- Esatto - sorrise il capitano e mi tolse le mani dalle spalle. Poi svanì nel nulla, insieme al mondo. Residui di un sogno che avevo vissuto e amato. Svanì perché aveva esaurito il proprio compito: liberarmi del peso di essere morta ancora una volta nella guerra per la vita. Osservai il palmare che reggevo ancora tra le mani: l'orologio aveva terminato il conto alla rovescia.Zero. La fine di ogni cosa e al contempo l’inizio. Era tempo di tornare, perché altrove Shara mi stava aspettando, e qualcosa di piccolo, ogni volta cambiava.

Da qualche altra parte... la monotona superficie di Marte era spazzata da venti impietosi. Microscopici granelli di polvere s'infilavano dappertutto, nascondendo il cielo. Definire inospitale quella pietra rossa incastonata nell'universo era come farle un complimento. Soltanto i sogni della polvere e del vento riuscivano a viverci.

- Shara, - mormorai strofinando la visiera del Visore, - controllami il respiratore, credo che un serpente di polvere si sia infilato nel filtro.

La figura di lei, avvolta dalla tuta bianca, mise da parte lo spettrometro, saltellò rapida al mio fianco e cominciò ad armeggiare con ostinata esperienza.

- Guarda che è tutto a posto, Lyra! Ti stai soltanto lasciando suggestionare dalle immagini del visore... sono solo sogni.

La testa però mi girava.

- Lyra, stai bene?

- No, ho la nausea. Deve essere la polvere! - digrignai tra i denti, cercando di non fare cadere la valigia che mi aveva affibbiato. Odiavo anche interromperla mentre lavorava, però non mi sentivo davvero bene. Erano giorni che al mattino provavo una forte nausea. Forse… forse ero incinta.

Lei sbuffò, scontrosa e stizzita come sempre: - Ecco, adesso ci tocca rientrare! Se ti disturba così tanto dovresti smetterla di seguirmi qui fuori.

Sorrisi, dietro alla plastica traslucida del Denso-Visore.

- Ti amo troppo per farlo.