L’immagine del “dopo” è sempre stata una delle idee più forti, in grado di colpire la fantasia dei singoli e, soprattutto, quella collettiva. Il “dopo” implica nel suo significato il concetto di “prima”, rappresentato dalla vita quotidiana, dall’ordinato procedere della nostra civiltà fatto di progresso economico e tecnologico, di povertà e di ricchezza, di inquinamento globale, di guerra, di criminalità, di spettacoli televisivi e negozi alla moda. Ovvero tutto ciò che la civiltà occidentale è riuscita a produrre a partire dalla rivoluzione industriale e il modo in cui ha plasmato il mondo, almeno dalle nostre parti.

In tutto questo la massima aspirazione dell’essere umano medio sembra essere la continuità: il desiderio che il progresso non muti sostanzialmente lo status quo, ma che al massimo ne espanda le potenzialità e gli strumenti, così che con il procedere del tempo ci siano sempre più negozi alla moda, sempre più automobili e computer, sempre più di tutto. Ma cosa succede quando viene introdotta una dis-continuità? A prescindere dalle cause, cosa succede quando si supera la linea di confine tra il “prima” e il “dopo”? Ciò che fino a ieri sembrava certo e granitico, improvvisamente svanisce come cenere dispersa dal vento, e ci si ritrova con un mondo in cui l’effetto serra, il terrorismo, il crollo della finanza mondiale, la corruzione del sistema politico, l’aumento dei prezzi degli alimentari, l’immigrazione clandestina, ovvero tutti i problemi con i quali quotidianamente ci confrontiamo vengono confinati oltre l’orizzonte, per venire sostituiti da problemi che non sappiamo risolvere, anche perché non sapevamo di avere.

È un tema di cui i sociologi e gli psicologi hanno dibattuto spesso, in termini di paura del singolo e di inconscio collettivo. Ed è un tema che anche la fantascienza, più modestamente dal punto di vista teorico, ma con una visione più ampia e umanistica, ha spesso affrontato. Anzi, si può dire che tutta la fantascienza ha fatto del “dopo” il proprio asse portante, il termine di paragone da utilizzare per analizzare e capire il “prima”.

L’inizio della fine…

È il 1975: Terry Nation, gallese di Cardiff, è ormai un autore televisivo affermato. Dopo la gavetta degli anni cinquanta passata a scrivere commedie e sketch per la radio, approda finalmente alla BBC come uno degli autori del comico Tony Hancock. Ma le cose non vanno benissimo, i suoi testi non vengono presi granché in considerazione. Finché nel 1963 Nation riesce, come da manuale, a trovarsi nel posto giusto al momento giusto: la BBC ha intenzione di produrre un nuovo telefilm fantascientifico, incentrato su uno strano personaggio che attraversa le epoche storiche a bordo di una macchina del tempo travestita da cabina telefonica. Sarà la nascita Doctor Who, per il quale il network ha bisogno di autori giovani e dalle idee non convenzionali. Nation ci si butta a capofitto, entra nel team degli sceneggiatori e dà vita ad alcuni episodi tra i più memorabili della serie. Suo è il merito della creazione dei Dalek, ovvero gli antagonisti alieni di Who più famosi della storia.Sull’onda del successo personale, Nation partecipa come autore a molti altri telefilm, come Il Santo, The Avengers, The Persuaders (Attenti a quei due, nella versione italiana.) Si arriva così al 1975, anno in cui la BBC decide di mettere in cantiere un nuovo sceneggiato fantascientifico, e si rivolge a Nation per il soggetto: nasce così I Sopravvissuti, le cui prime due stagioni, dopo la pubblicazione in edicola, sono uscite in altrettanti cofanetti Dvd, per opera della Dolmen Home Video e Yamato Video.