L'espressione "essere all'ultima spiaggia" significa che si è arrivati in una situazione quasi senza speranza, con una sola, piccola, possibilità di cavarsela.
Urania Collezione ci offre l'opportunità di capire appieno come è nata questo modo di dire, pubblicando il romanzo L’ultima spiaggia dello scrittore inglese Nevil Shute.
Enorme l'influenza del romanzo sul filone narrativo dei romanzi post-atomici e sull'immaginario collettivo, grazie anche a un film di successo diretto da Stanley Kramer.
Nel 2000 venne anche girato un discreto remake per la televisione, con regista Russell Mulcahy, trasmesso in due puntate.
Il romanzo inizia dopo che una breve guerra atomica ha devastato il mondo, solo l'emisfero sud del mondo è ancora abitato ma le polveri radioattive stanno calando da settentrione.
La speranza di sopravvivenza per l'umanità è legata a una teoria scientifica da dimostrare e a un misterioso messaggio morse proveniente da Los Angeles, la missione dell'ultimo sottomarino americano, lo Scorpion, dovrà chiarire questi due misteri.
Un romanzo bello e malinconico, figlio di un'epoca lontana ma i cui temi di fondo sono ancora terribilmente attuali.
Il libro
La guerra atomica è durata solo trentasette giorni, ma sono bastati ad annientare tutto l’emisfero settentrionale e a condannare il resto del pianeta a un’inesorabile estinzione. Il sottomarino Scorpion corre silenzioso nelle profondità del mare, con al comando il capitano Dwight Towers, uomo tutto d’un pezzo che ha visto le sue certezze vacillare e sbriciolarsi assieme alla civiltà. Destinazione l’Australia, ultimo baluardo del genere umano. Insieme agli ultimi sopravvissuti il capitano Towers affronterà l’inevitabile in un romanzo corale dai toni foschi e disillusi: mentre la mortale nube radioattiva si fa sempre più vicina, l’autore orchestra un impeccabile ultimo requiem per l’umanità.
L'autore
Nevil Chute (1899-1960), ingegnere e romanziere inglese naturalizzato australiano, è autore di grandi successi del XX secolo come Scacco matto agli uomini (The Chequer Board, 1940), Viaggio indimenticabile (The Highway, 1948) e Una città come Alice (A Town Like Alice, 1950). Nel campo del fantastico-possibile è notissima la parabola raccontata in L’ultima spiaggia (On the Beach, 1957), due volte portata sullo schermo: la prima da Stanley Kramer nel 1959 con Ava Gardner, Gregory Peck e Anthony Perkins; la seconda, per la tv, da Russell Mulcahy con Armand Assante e Rachel Ward.
Nevil Shute, L'ultima spiaggia (On the beach, 1957), traduzione di Bruno Tasso, Mondadori, Urania Collezione n. 147, pag. 276, Euro 5,90 (eBook Euro 2,99)
6 commenti
Aggiungi un commentoFranco Piccinini ha senz'altro ragione: il pericolo atomico è più attuale che mai, ma per ragioni opposte a quelle descritte in romanzi come L'ultima spiaggia. Oggi può scoppiare un conflitto nucleare limitato (e terribile) non certo un'apocalisse termonucleare globale.
Scenari come quelli evocati e ripresi da altri romanzi di quegli anni (Livello 7, Un cantico per Leibowitz etc...) appartengono per fortuna ad un cupo periodo storico e fa un po' specie vedere questo romanzo pubblicato da Urania.
A me, che sono fresco di Livello 7, interessa parecchio.
Sono passati diversi decenni da che l'ho letto. Ricordo che ne feci l'argomento di un tema ai tempi della scuola.
Bello, ma a mio avviso un poco superato. Il panorama politico e' troppo mutato.
C'è chi sulle cose superate (tipo storia, archeologia, ...) ci spende la vita
A me fare un po' di archeologia sf non dispiace.
Letto tantissimi anni fa... continua a rimanere un mio romanzo culto, formativo direi (anche per le mie 'ossessioni').
Non ritengo affatto superato il rischio di una guerra globale: anche partendo da conflitti limitati, una volta rotto il tabù, non è difficile prevedere un effetto domino... Inoltre un conflitto nucleare non è limitato per antonomasia, fosse solo per i nefasti effetti che avrebbe comunque sull'intero pianeta: fisici, politici ed economici...
Del romanzo, e del (sottovalutato) film che ne trassero, continuo a portare con me l'estrema tristezza, la tristezza della fine.
Non ci sono praticamente immagini truculente in questo romanzo, non c'é uno sguardo (ammettiamolo, spesso compiaciuto) sugli aspetti allucinanti di un conflitto globale termonucleare, non c'é la fin troppo stereotipata 'ultima battaglia' fra i sopravvissuti.
C'é la morte imminente, inevitabile, invisibile... e la consapevolezza che non ci sarà nessun futuro.
Per i protagonisti la fine non sarà un improvviso infarto, ma un lento cancro, del quale si fa in tempo ad essere totalmente consapevoli.
Confesso che sono molto affezionato a questa vecchia copertina... la trovo assai più evocativa...
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