A ottantacinque anni aveva avviato il suo blog personale, anche se personalmente non era un amante della tecnologia e in particolare degli ebook, come testimoniano le attività della sua fondazione a favore della lettura su carta. Ma rimane comunque un segno, se mai ce ne fosse bisogno, della vivacità intellettuale di uno dei più grandi autori della storia portoghese (ed europea), quel José Saramago che si è spento appena qualche giorno fa al termine di una vana lotta contro la leucemia.

Nato nel 1922 ad Azinhaga, Saramago è stato giornalista, poeta, romanziere, critico letterario. Salito alla ribalta nel 1982 con Memorie dal convento (pochi anni prima era diventato scrittore a tempo pieno, con la pubblicazione del suo secondo romanzo Manuale di pittura e calligrafia, a trent'anni di distanza dal suo esordio con Terra do pecado). Ha vinto il Premio Nobel nel 1998, a oggi l'unico scrittore portoghese a essersi conquistato il riconoscimento.

Anche se non è questa la sede per ripercorrere vita, opere e pensiero di uno degli autori più polemici e controversi del suo tempo, forse perché non tralasciò mai di dire la sua anche sulla politica (si ricorda la recente polemica in Italia per il durissimo attacco a Silvio Berlusconi, in seguito al quale Einaudi si rifiutò Il quaderno, la raccolta di scritti politico-letterari pubblicati proprio sul suo blog) o perché seppe sempre esercitare l'arte della provocazione nei suoi romanzi (si ricorda per esempio la polemica sorta intorno a Il vangelo secondo Gesù Cristo, soprattutto per la particolare raffigurazione, molto umana, di Gesù, che in molti punti deviava dalla tradizione cattolico cristiana), José Saramago può essere citato in un sito di fantascienza perché potrebbe essere una buona lettura per gli appassionati.

In particolare il suo romanzo Cecità (in portoghese Ensaio sobre a Cegueira, ovvero Saggio sulla Cecità, anche se di vero e proprio romanzo si tratta), uscito nel 1995, presenta temi ed espedienti narrativi molto vicini alla sensibilità di chi ama il fantastico. In esso si narra la vicenda di una città, senza nome e senza tempo, che all'improvviso è affetta da una strana malattia, una forma di cecità per cui gli occhi vedono solo il bianco. La sospensione della normalità è lo spunto per una storia che descrive con crudeltà le debole basi su cui si fonda la società moderna e per indagare la natura scarsamente solidale dell'uomo (Saramago non si dimostra ottimista sulla natura umana, come dimostrano le violenze narrate nel libro). Poi un giorno, così come era arrivata, la malattia scompare, lasciando dietro di sé un amaro senso di solitudine e disperazione nel lettore.

Scritto con uno stile particolare, che supera i tradizionali vincoli della sintassi, il romanzo presenta alcune analogie con i meccanismi narrativi della fantascienza. Il primo e più immediato parallelo è con John Wyndham e il suo Il giorno dei trifidi (1951). Anche in quest'ultimo caso la cecità, sebbene se ne conosca la causa, genera una riorganizzazione della civiltà e una recrudescenza dei rapporti fra esseri umani, nei termini di dominio dei forti sui deboli. Ma, perché no?, si potrebbe accostare Cecità anche a Io sono leggenda di Richard Matheson (1954), nella misura in cui in entrambi i testi è presente un'alterazione della condizione umana che genera nuove modalità di interazione, tutte da esplorare.

Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma puntiamo a quello più ardito di tutti. Che dire di Lost? Siamo su due piani diversi, ma - come nella serie creata da JJ Abrams - anche nel romanzo di Saramago si crea una vera e propria isola, il manicomio dove sono rinchiusi i protagonisti, una situazione di partenza da cui si dipana - in un'atmosfera sospesa fra il sogno e la violenza - la narrazione di molteplici punti di vista sul reale, in cui la parola vista è centrale perché, sia nella serie televisiva che nel romanzo, non esiste una realtà oggettiva, sepolta com'è sotto il mistero. Rispetto al quale l'uomo, in ultima istanza, è sempre cieco.