Tutto comincia con un aereo… Per J.J. Abrams deve probabilmente avere un significato intrinseco, la metafora della normalità che improvvisamente si spezza per rivelarci un universo nascosto fatto di cose arcane e incomprensibili. Fatto sta che la sua creatura televisiva di maggior successo, Lost, iniziava proprio così, con il volo Oceanic 815 che cadeva su un’isola misteriosa. In Fringe, il suo nuovo serial, invece è il volo internazionale 627 a portare agli spettatori il suo carico di morte e mistero.

Ma cominciamo dall’inizio, cioè dai primi giorni del 2008, periodo in cui Abrams, ormai staccatosi dal progetto di Lost e nel pieno sviluppo di quello su Star Trek, trova il tempo e la voglia di inventare un nuovo serial a base fantascientifica. L’esperienza di Lost, e prima ancora quella di Alias, ha dato ad Abrams notorietà e successo, soprattutto per la struttura dei due prodotti: un insieme di trame e sottotrame che si intrecciano e sovrappongono, con passaggi logici e temporali che portano le vicende narrate a svilupparsi non più in termini di sequenzialità, ma secondo una vera e propria rete. Gli spettatori si muovono lungo i nodi di questa rete, esplorano i sentieri che collegano i nodi, vivono le diverse vicende che si svolgono in parallelo ricostruendo poco a poco l’intera vicenda. Tale struttura, decisamente innovativa per le serie tv, ha però il difetto di costringere gli spettatori a un tour de force teso a non perdere neanche una puntata, pena la frattura della rete informativa. Inoltre la gestione degli episodi deve essere assolutamente perfetta, in caso contrario si ha la facile caduta nel caos narrativo.

Tutto questo ha spinto Abrams, accompagnato dagli inseparabili Alex Kurtzman e Roberto Orci, a provare qualcosa di innovativo. Che nel loro caso significa ritornare all’antico… Cioè a una serie in cui l’arco narrativo principale copra l’intera vicenda, ma in cui ogni episodio sia autoconclusivo e non influenzi troppo la comprensione della storia completa. Da qui nasce il progetto di Fringe. Il serial - prodotto dalla Bad Robots di proprietà dello stesso Abrams, e dalla Warner Bros - ha visto la luce il 9 settembre 2008 sulle reti Fox, che se lo sono aggiudicate dopo una lunga battaglia. Il 31 gennaio l’aereo 627 è approdato anche sugli schermi italiani, sul canale Steel del digitale terrestre di Mediaset, per poi trasferirsi sulle reti in chiaro in un punto imprecisato di quest’anno.

Fringe, letteralmente “frangia”. Ma anche margine, inteso come confine. Il termine indica tutto ciò che si muove lungo i margini della conoscenza scientifica, e nel telefilm si riferisce alla cosiddetta Parascienza, la ricerca interdisciplinare che esplora i confini delle attuali conoscenze per superarli e spostare l’orizzonte delle applicazioni pratiche. Telepatia, fisica quantistica, esperimenti genetici, strane creature costruite in laboratorio, chimica in grado di potenziare l’organismo umano, nanotecnologia. La fantascienza irrompe nella realtà quotidiana sotto forma di invenzioni e scoperte che a volte trovano spazio in un trafiletto sui giornali o in una news sul web; altre volte non ne veniamo a conoscenza poiché sono talmente inimmaginabili o pericolose che il segreto è d’obbligo. Fringe deve molto al suo precursore classico: X-Files, che negli anni Novanta ha spalancato una finestra sui misteri e sui segreti che popolano il sottobosco della quotidiana normalità. Prima ancora della creatura di Chris Carter, furono i maestosi episodi di Ai confini della realtà a “illuminare” le tenebre per mostrare il mondo come davvero era. Abrams e soci ammettono apertamente di essersi ispirati a queste opere e ad altre ancora, come i romanzi di un maestro di atmosfera come Michael Chricton, recentemente scomparso. Oppure come un grandioso film degli anni settanta come Stati di Allucinazione, nel quale il geniale regista Ken Russell faceva compiere al protagonista William Hurt un viaggio allucinato e paranoico nell’inconscio collettivo, alla riscoperta delle origini dell’esistenza. Fringe trae spunto da tutto questo per amalgamarlo, mescolarlo, fondere tematiche e atmosfere. Il risultato è un serial che si preannuncia oscuro e problematico, più lineare di Lost ma non per questo meno inquietante e, in un certo senso, profetico sulla realtà prossima ventura che ci aspetta al varco.

Tutto inizia con il volo internazionale 627 proveniente da Amburgo che atterra regolarmente all’aeroporto centrale di Boston. Una qualsiasi giornata, quindi. Se non fosse che equipaggio e passeggeri sono tutti morti. Perché la strage, come è successo? E chi ha pilotato l’aereo, chi lo ha fatto atterrare?