Per celebrare il trentennale della scomparsa del seminale Philip K. Dick, ma anche il mezzo secolo dall’uscita dell’ucronia La svastica sul sole (in Italia noto anche con il successivo e più filologico titolo L’uomo nell’alto castello) e il quarantennale di L’androide Abramo Lincoln, anche il fumetto – altrimenti detto graphic novel, per chi vuol darsi un tono – non poteva rimanere indifferente.

Fino a pochi anni fa negletta come e più della fantascienza, in un Paese che ha impiegato quasi due secoli a emanciparsi dai cascami della propria millenaria tradizione letteraria “alta”, anche in Italia la narrativa disegnata ha ormai preso coscienza dei propri mezzi, riconoscendosi perfettamente in grado di affrontare perfino un’impresa titanica come quella di raccontare in poche pagine la vita di una persona, quella quotidiana ma anche quella interiore, per di più di fronte a una personalità e una vicenda umana così complessa come quella dello scrittore di Chicago che forse ha più colonizzato il nostro immaginario moderno.

“Lo strumento fondamentale per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se puoi controllare il significato delle parole, puoi controllare le persone che devono usare le parole”, dice una sua frase famosa... che spiega tra l’altro molti aspetti tutt’altro che di fantascienza di questi anni turbolenti.

Da qui l’idea di fare quattro chiacchere con l’autore della sceneggiatura del fumetto dal titolo Philip k Dick pubblicato poche settimane fa da BeccoGiallo, tanto appassionato da riuscire a trattenere il tremore di polsi e raccogliere la sfida di ripercorrere i principali eventi ;nella storia e nelle storie di Dick, tra reale e letteratura, underground e mainstream, paranoie e misticismi. Con Francesco Matteuzzi, traduttore di fumetti di culto come Cerebus (Black Velvet) e apprezzato sceneggiatore di indagini scomode come la biografia di Anna Politkovskaja (BeccoGiallo), abbiamo affrontato diversi aspetti della questione, tanto che alla fine ci sembrava di scorgere in lontananza i palazzi della Tyrell Corporation...

Partiamo subito in quarta: perché un volume su Dick? A chi è venuta l’idea?

L’ha avuta l’editore padovano BeccoGiallo, nato nel 2005 per utilizzare il linguaggio del fumetto nel ricostruire fatti della storia italiana più recente, che da qualche anno ha aperto una collana di biografie internazionali e l’ha proposta al disegnatore Pierluigi Ongarato. Insieme, cercando di capire come potesse essere organizzato il libro, hanno deciso di contattare me perché mi occupassi della scrittura. L’idea, da amante della fantascienza come genere e di Dick in particolare (che in molti casi continuo a considerare autore non di fantascienza), mi ha subito conquistato. E ci siamo messi al lavoro cercando innanzitutto di capire quale dovesse essere la struttura del libro, quali gli argomenti di cui parlare e, soprattutto, quale dovesse essere il nostro punto di vista su Dick. Fortunatamente ci siamo trovati d’accordo subito su quale dovesse essere la chiave di lettura dell’opera, e da lì siamo partiti.