Che tipo di indicazioni hai dato a Pierluigi per realizzare i disegni?  

Come dicevo, il confronto è stato serrato in ognuna delle fasi della lavorazione. Le indicazioni in

 sceneggiatura sono state di più o di meno a seconda delle situazioni. Alcune sequenze le ho descritte a fondo, in altri casi mi sono limitato a raccontare cosa doveva succedere, lasciando che fosse lui a organizzare la regia delle tavole e delle vignette. Un paio di sequenze, inoltre, sono completamente farina del suo sacco e mi sono limitato a inserirle nella narrazione così com’erano, o al limite segnalandogli unicamente le modifiche da fare.

Sei d’accordo con chi dice che in fondo Philip K. Dick è un volume consigliato soprattutto a chi già conosce (e apprezza) la sua produzione?

Solo in parte. Perché è vero che chi conosce l’autore riuscirà a identificare e a riconoscere tutte le cose che abbiamo citato, ma è anche vero che il libro è autonomo dalle opere di Dick ed è assolutamente comprensibile anche da chi non ha mai letto niente di suo. Anzi, secondo il nostro punto di vista, dovrebbe essere anche un’ottima introduzione alla narrativa dickiana e alle invenzioni dello scrittore, che qui vengono presentate ma solo parzialmente. Lo so, dire “va bene per tutti” sembra sempre essere un goffo tentativo di vendere più copie, ma in questo caso abbiamo lavorato appositamente perché sia così. Tra l’altro, una cosa interessante è che la maggior parte di coloro che vedono il libro come più adatto agli appassionati di Dick sono proprio gli appassionati di Dick, che probabilmente hanno riconosciuto citazioni che sanno essere incomprensibili ai non iniziati... citazioni che però non sono assolutamente fondamentali per la comprensione della storia.

E infine, la “catastrofe finale”: visto quant’è stato profetico, mi son sempre chiesto che cosa scriverebbe Dick del nostro mondo di oggi...

Chi può dire cosa scriverebbe, se fosse ancora vivo? Già nell’ultima fase della sua carriera, oltre trent’anni fa, i suoi scritti erano molto diversi non solo da quelli degli esordi, ma anche da quelli di poco tempo prima. Oggi, sarebbe un signore di oltre ottant’anni con un glorioso passato alle spalle. Impossibile ipotizzare cosa farebbe. Se invece ti chiedi che cosa scriverebbe Dick se oggi avesse trenta o quarant’anni e fosse nel pieno della sua carriera di scrittore, non credo che i suoi romanzi sarebbero troppo diversi da quelli che conosciamo. I suoi erano temi universali, validi allora come adesso. Per leggere una sua opera non c’è bisogno di contestualizzarla nell’epoca in cui è stata scritta, perché le cose di cui parla ci riguardano ancora oggi. E sono gli stessi temi che affronteremo anche in futuro.