Isaac Asimov è, senza dubbio, il personaggio del mondo letterario/fantascientifico più noto agli addetti e anche (soprattutto) ai non addetti ai lavori. Non è raro imbattersi, durante conversazioni che vadano a cadere sulla narrativa fantastica, nell'istant-expert di turno, in generale un signore di mezza età, quasi sempre di nome Aldo. Costui, sentendo nominare la fantascienza, esibisce invariabilmente un ghigno ortodontico ed esclama: - Ah, Asimov! Ho letto tutti i suoi libri!

A quel punto è inutile rivelare al resto dei presenti la palese assurdità dell'affermazione (com'è noto, neppure lo stesso Asimov era riuscito nella sovrumana impresa di leggere l'intera galassia di testi da lui firmati): il sedicente omnilettore sarà stato accettato dai presenti come "esperto di fantascienza".

Eppure, c'è un lato "forte" della personalità di Asimov che, pur trapelando da molte delle sue opere (e da tutte le sue rutilanti "introduzioni") non è sempre e ovunque conosciuto. Ed è il lato che ci consente con serenità e affetto di strizzare l'occhio al suo ricordo e alla sua narrativa, in definitiva di presentarlo a voi, come ci siamo ripromessi, Sotto Spirito.

Il Buon Dottore - come lo ricorda l'amico e collega Sprague de Camp - era rumoroso, estroverso, volubile, espansivo e impulsivo: non poteva fare a meno di mettersi in mostra, di architettare scherzi e raccontare barzellette. Chi lo incontrava di persona, specie durante le convention della SF americana, veniva letteralmente sopraffatto dalla sua prorompente personalità. Citando Poul Anderson, che lo conobbe proprio a uno di questi eventi: - Mi aspettavo un intellettuale mingherlino: mi trovai davanti un tizio col fisico di un giocatore di football che le sparava grosse, faceva il buffone e correva dietro a tutte le sottane della convention.

Asimov - lo conferma anche Robert Silverberg - raccontava barzellette sconce a voce altissima, improvvisava limerick e gigioneggiava con chiunque gli capitasse a tiro. Da giovane, probabilmente, era il prototipo del nerd.

Aveva un ego grande quanto Giove, - dice di lui Norman Spinrad - ma il garbo di riconoscerlo, e di prendersi in giro da solo quando sentiva di averne bisogno.

Pochi sanno che Asimov scrisse, accanto ai milioni di libri "seri" (di narrativa, di saggistica, di divulgazione scientifica e chi più ne ha più ne metta) anche un provocatorio volume dal titolo Il vecchio sporcaccione voluttuoso (The sensuous dirty old man), sulla cui copertina egli stesso appariva mascherato con un reggipetto.

Quando gli chiesero come mai avesse acconsentito a firmare la novelization di un film mediocre come Viaggio Allucinante, lui rispose: "Avevano promesso di farmi incontrare Rachel Welch. Mi hanno mentito!"

Gli aneddoti di questo genere sono innumerevoli. Ecco perché ci permettiamo di presentarvi il timido raccontino apocrifo (dal titolo che chiaramente occhieggia al dramma teatrale Aspettando Godot) che troverete poche righe più in basso: prendere affettuosamente in giro la fraseologia, i meccanismi narrativi, i personaggi e i tormentoni letterari di Isaac Asimov non è un oltraggio alla sua memoria. Ci piace anzi pensare che, dal luogo dove ora lui si trova (certo molto migliore di questo) il Buon Dottore possa vederci, apprezzare il tentativo, giudicarlo con l'arguzia e l'autoironia che erano sue doti e, perché no, scoppiare in una di quelle tonanti risate di petto per cui tra gli amici era noto e amato.

Aspettando Seldon

(di Isaac Asimov?)

Littoral Compellor strinse sul petto le falde della cappa e affrontò con decisione l'alta scalinata marmorea che conduceva alla Seldon Hall. Il sole di Terminus era appena sorto all'orizzonte. Nonostante il condizionamento del clima planetario, l'alba era gelida, una delle più fredde che il consigliere riuscisse a ricordare.

Sulla soglia dell'edificio, spalle a una colonna e pollici infilati nella fusciacca dai colori vivaci, Liebel Arvadan lo attendeva immobile.

- Buongiorno, sindaco. - lo salutò Compellor, con sussiego - Siete il primo?

- No, consigliere. - replicò l'altro - Siamo già tutti presenti.

Prima di varcare il portone, Compellor lanciò un ultimo sguardo alla città che si stendeva ai piedi della piccola collina. Le schiere degli assedianti erano ancora immobili, ma i carri positronici stavano lentamente dispiegando i dispositivi di puntamento, segno che lo scontro finale era ormai prossimo. Sull'altro fronte, con estrema sorpresa, il consigliere vide che...

- Cosa ne pensate, Compellor? - lo distrasse Arvadan.

Compellor sussultò. - Perché me lo chiedete, sindaco?

- Vedo che siete restio a entrare. Scrupoli dell'ultima ora?

- No, signore. - protestò Compellor.

- Eppure sembrate spaventato.

- Perché dite questo?

- Lo vedete? Siete sulla difensiva.

- E' naturale. Voi mi state accusando.

- Perché pensate che io vi stia accusando?

- Non è così?

- E se lo fosse, come vi farebbe sentire essere sotto accusa?

- Perché mi fate questa domanda, adesso?

- Pensate che non ne abbia il diritto?

- No, ma...

- Volete venire dentro, signori? - intervenne una voce femminile, querula, dall'interno dell'edificio.

- Perché dovremmo venire dentro? - replicarono Compellor e Arvadan, all'unisono.

- Perché siete ricoperti di brina, ad esempio.

Sindaco e consigliere si guardarono a vicenda. Effettivamente l'umidità dell'alba, durante quel lungo scambio di battute, si era loro condensata addosso in minutissimi cristalli. Il viso di Compellor, incorniciato da una folta barba, del tutto fuori moda su Terminus, sembrava una luciscultura prodotta dagli artisti del pianeta Ifnia.

Arvadan scosse le spalle, facendo piovere rugiada. - D'accordo, entriamo.

La sala della Volta del Tempo era deserta. Solo un uomo e una donna erano seduti in prima fila, proprio di fronte al proscenio ove, a intervalli irregolari, appariva l'immagine olografica di Hari Seldon. In quel momento, naturalmente, la Volta era spenta.

Compellor scelse un posto strategicamente equidistante dai due membri di quel "comitato ristretto". Con la coda dell'occhio, vide che Arvadan faceva altrettanto.