Ogni tanto in fantascienza capita una personalità veramente sui generis, non uno scrittore di professione o uno scienziato delle scienza esatte, e allora ne succedono veramente delle belle. Stavolta ci occuperemo di Cordwainer Smith, senza dubbio una delle voci più originali della fantascienza mondiale. Corwainer Smith è lo pseudonimo di Paul Myron Anthony Linebarger, nato nel 1913 e prematuramente scomparso nel 1966. Poco o nulla nella biografia di Smith faceva supporre che si sarebbe messo a scrivere fantascienza (benché in effetti i suoi primi tentativi risalgano al tempo del college). La sua formazione era infatti totalmente diversa: docente universitario, politologo, consulente militare, sinologo, a lui si debbono alcuni volumi fondamentali per comprendere la Cina (soggiornò a lungo in Europa, in Giappone e in Cina) libri sulla guerra psicologica e fu uno dei primi a descrivere il cosiddetto "lavaggio del cervello". Insomma un uomo dell'establishment (ebbe un ruolo fondamentale nell'ascesa di Chiang Kai-shek prima della presa del potere da parte di Mao.

Questo era Paul Linebarger per il mondo, per noi, invece, Cordwainer Smith era il cantore della Strumentalità, uno dei grandi cicli della fantascienza

A parte i suoi inizi giovanili, Cordwainer Smith nasce nel 1950 con il racconto Scanners Live inVain (tit. it. I controllori vivono invano, Le grandi storie della fantascienza 12, I Grandi Tascabili Bompiani 351, Bompiani, Milano, 1994) in realtà scritto almeno cinque anni prima e rifiutato da alcuni editor (tra cui Campbell, anche se con parole di incoraggiamento) a causa della sua natura. Smith infatti in questo racconto ci scaraventa in pieno nel ciclo della Strumentalità e il lettore sente c he molto rimane non detto, sullo sfondo, intuisce che questo è soltanto un minuscolo pezzo di un quadro molto più vasto di cui gli sfugge il disegno e il senso. Oltre a questo c'è la scrittura di Cordwainer Smith, densa, evocativa, baroccheggiante, di certo inusuale nella fantascienza del periodo. Ma in quella storia c'era già in boccio tutto quello che sarebbe uscito fuori dalla penna di Smith negli undici anni successvi, dal 1950 all'anno della sua morte, nel 1966, undici anni per l'appunto dedicati al ciclo della Strumentalità.