I cerchi nel grano possono insegnarci moltissimo.

La loro importanza non risiede, secondo me, nel teorizzato contatto con una razza di alieni un po' matti, ma nella dimostrazione pratica di uno dei pericoli intrinseci della società dell'informazione.

La storia dei cerchi nel grano è nota: furono inventati da un paio di vecchietti inglesi buontemponi e immediatamente indicati come messaggi alieni. Passarono alcuni anni prima che i due "circlemakers" originali decidessero di rivelarsi alla stampa, ma nel frattempo ormai il fenomeno era stato adottato dalla comunità ufologica, al punto che la rivelazione dell'origine burlesca ­ e soprattutto terrestre - della faccenda non venne accettata.

Ormai la situazione è quasi paradossale: da una parte ci sono gruppi di appassionati che producono i cerchi nel grano, senza neppure preoccuparsi di farlo di nascosto: anzi, esistono fior di siti internet - come www.circlemakers.org - dove vengono segnalate le nuove produzioni e si dibatte sulle tecniche migliori; addirittura capita che questi artisti del grano vengano sponsorizzati per produrre disegni da usare come veicoli pubblicitari. Dall'altra parte ci sono fior di pubblicazioni e di trasmissioni televisive che si guardano bene dal toccare questo aspetto del "fenomeno", ma anzi calcano la mano il più possibile sui presunti aspetti misteriosi.

Vanno così in onda trasmissioni - come Stargate su La7, per non fare nomi - che fingendosi "giornalistiche" danno una versione distorta ad arte per risultare il più possibile affascinante e intrigante. Senza dubbio più adatta a creare audience di quella, persino un po' noiosa, che potrebbe ad esempio essere data da chi questi presunti fenomeni li studia, e in generale li smonta, con serietà scientifica.

Insomma, nella società dell'informazione per una trasmissione o un giornale è più importante essere interessanti e coinvolgere il più possibile i propri spettatori o lettori che non essere attendibili. Il giornalista si preoccupa dell'impatto che può avere la notizia, non della sua verifica. Anche perché, comunque, non corre seri rischi: se anche dovesse arrivare una smentita, questa avrà sempre una visibilità di parecchi ordini inferiore alla notizia che deve correggere.

Un caso clamoroso lo abbiamo avuto alcuni mesi fa, quando rimbalzò un po' su tutti i quotidiani del mondo, inclusi alcuni italiani, la notizia del ritrovamento di una mappa risalente a centinaia di milioni di anni fa, che descriveva perfettamente una certa zona degli Urali, con dettagli geografici e anche indicazioni di edifici e altre opere ingegneristiche di origine non naturale.

Quante persone avranno letto quella notizia? Probabilmente milioni. Quante persone avranno letto smentite simili a quella pubblicata dal Corriere della Fantascienza, in cui si faceva notare che la prodigiosa scoperta era datata primo aprile, e che le foto della "mappa" ritraevano un banale pezzo di roccia screpolata? Sicuramente molti, molti meno.

Questo meccanismo perverso viene utilizzato, a volte in buona e a volte in cattiva fede, un po' in tutti i settori dell'informazione, non solo, ovviamente, nell'ambito dei mistero, dell'ufologia o della fantarcheologia. Facendo anche danni molto più gravi.