Nel 2075, il Nord America, l'Asia settentrionale e l'Europa vengono letteralmente invase da milioni di rifugiati provenienti dalle terre meridionali del mondo. L’umanità del sud del globo si dirige verso nord a causa dell’innalzamento del livello del mare e del riscaldamento globale, che hanno causato una spaventosa carenza di cibo e carburante, mettendo in ginocchio intere nazioni. Negli Stati Uniti, una famiglia cerca rifugio nel gelido nord, scoprendo una città nascosta nel profondo territorio dell'Alaska; una città fatta di emarginati, scienziati, contadini, milizie e un eccentrico cacciatore. Come loro, milioni di altri rifugiati si spostano dai 48 stati inferiori degli Stati Uniti, resi inabitabili dalle condizioni climatiche, verso le cosiddette “città polari” – città a cupola o sotterranee – nelle regioni artiche per dare una speranza di sopravvivenza alle future generazioni.

È questo, in sintesi, lo scenario di fondo di Polar City Red, romanzo dello scrittore americano Jim Laughter, ambientato in un’immaginaria Alaska di un futuro molto prossimo al nostro. Alla base dell’opera c’è il giornalista freelance Dan Bloom, infatti, nel promuovere il libro di Laughter definisce il romanzo un “thriller cli-fi”, dove cli sta per climate (clima) e fi per fiction e la sigla riecheggia quella di science fiction (sci-fi). E del resto, il libro di Laughter, che viene pubblicato il 22 aprile del 2012, in occasione della Giornata della Terra 2012, è a tutti gli effetti un romanzo di fantascienza, che mette in scena i devastanti effetti del cambiamento climatico ed è da qui che parte la storia della climate fiction.

In un tweet del giorno dopo, il 23 aprile 2012, la scrittrice canadese Margaret Atwood, autrice del capolavoro distopico Il racconto dell’ancella, rilancia ai suoi 600mila follower l’acronimo “cli-fi” con queste parole: «Ecco un nuovo termine: “Cli-Fi” = SF sul cambiamento climatico. Coniato da Dan Bloom».

Il nuovo acronimo comincia a diventare virale.

In realtà, Bloom usava questo termine fin dal 2008 sul suo blog e negli articoli di letteratura che scriveva per vari giornali, che poi regolarmente rilanciava sul suo account Twitter. Ma non aveva avuto un grande riscontro, nessuno sembrava interessato a una narrativa che raccontasse il cambiamento climatico e i suoi deleteri effetti, anche se erano sotto gli occhi di tutti.

Nato e cresciuto in Massachusetts, Dan Bloom si è laureato nel 1971 alla Tufts University di Boston, dove si è specializzato in letteratura europea postmoderna, conseguendo in seguito un master presso il Dipartimento di Speech and Communications della Oregon State University, dove ha lavorato come docente. Per 12 anni, Bloom ha lavorato come giornalista in Alaska tra gli anni '70 e '80 e, in seguito, negli anni ’90 è stato reporter per quotidiani in lingua inglese in Giappone e Taiwan. Fin dagli anni ’70 seguiva le notizie sul riscaldamento del pianeta e sui cambiamenti climatici, scrivendo nel 1975 anche un romanzo, ambientato in una Manhattan allagata nel 2025, che non è mai stato pubblicato.

Negli anni ’90, il cambiamento climatico ha attirato di nuovo la sua attenzione, quando stava lavorando come redattore per un giornale di Tokyo, inviando un suo collega a Rio, dove si svolgevano i primi grandi colloqui sul clima. I suoi servizi per il giornale impressionarono molto Bloom, ma un suo coinvolgimento sul tema del cambiamento climatico si concretizzò nel 2006, quando era a Taiwan e l'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) pubblicò un importante rapporto in cui si affermava fondamentalmente che se non cambiava l’atteggiamento del mondo nei confronti del clima la Terra sarebbe stata spacciata.

Dan diventa così un’attivista. In questa nuova veste, nel 2007, incontra e intervista James Lovelock, dopo aver letto un suo articolo sul “Financial Times”, lo scienziato inglese che negli anni Settanta aveva formulato la “teoria di Gaia”. Secondo l’ipotesi di Lovelock, gli organismi viventi sulla Terra interagiscono con le componenti inorganiche per formare un complesso sistema sinergico e autoregolante, che aiuta a mantenere e perpetuare le condizioni della vita sul pianeta. Per lo scienziato il pianeta Terra, con tutte le sue funzioni, è come un unico superorganismo, in cui il clima è una delle funzioni principali. Lovelock incoraggia Bloom a lanciare l'allarme sul cambiamento climatico.

Nel 2007, Bloom descrive in un articolo come potrebbe essere una città polare, ovvero come una comunità di uomini potrebbe sopravvivere all'estremo nord dell'Alaska, del Canada, della Scandinavia e della Russia nel caso in cui gli eventi futuri dell'impatto del riscaldamento globale costringessero milioni di rifugiati climatici in quelle regioni. L’ipotesi sulle città polari, che poi diventerà l’idea alla base del romanzo Polar City Red di Jim Laughter, venne rilanciata dal “New York Times” in editoriale da Andrew C. Revkin del 30 marzo 2008.

Dopo la pubblicazione di Polar City Red e il tweet di Margaret Atwood nel 2012, il termine cli-fi comincia a circolare nei salotti della letteratura e nei circoli scientifici e comincia ad essere familiare anche ai lettori più sensibili al tema del cambiamento climatico.

Sempre nel 2012, la climatologa Judith Curry, nel suo blog “Climate Etc.”, discute di 25 romanzi cli-fi, passati e presenti, tra cui proprio Polar City Red. L'anno successivo, la National Public Radio (NPR) negli Stati Uniti realizza un podcast di ben cinque minuti intitolato È nato un nuovo genere: Cli-Fi, parlando di due nuovi libri sui problemi climatici: Odds Against Tomorrow di Nathaniel Rich e Flight Behaviour di Barbara Kingsolver, edito in Italia da Neri Pozza con il titolo La collina delle farfalle.

A quel punto il termine Climate Fiction è diventato virale.

Le notizie con titoli che utilizzano il termine cli-fi cominciano sistematicamente ad apparire New York Times, sul The Guardian, sulla rivista Atlantic, sulla BBC e su numerose testate e siti. Il termine è stato utilizzato anche da giornali in Australia, in Francia, Italia, Spagna e Taiwan.

Ma che cos’è la climate fiction? Dan Bloom, in un’intervista a David Thorpe su smartcitiesdive.com, ha definito la cli-fi come un genere di romanzi, racconti e film che si occupano di cambiamenti climatici e problemi riguardanti il riscaldamento globale, dove questi temi sono un fattore importante, anche se non sempre il tema principale della storia. Per l’attivista americano, ci sono molti romanzi e film di science fiction che approfondiscono anche i temi climatici, quindi per molti versi la cli-fi è un genere gemello della fantascienza.

La narrativa sui cambiamenti climatici è comunque un sottoinsieme specifico della letteratura ecologica e si occupa molto spesso del riscaldamento globale antropogenico (AGW), che è implicitamente il colpevole dei cambiamenti climatici, per cui la narrativa cli-fi si basa sul moderno pensiero scientifico su questo tema. Tale narrativa può trattare gli effetti del cambiamento climatico sia a monte sia a valle.

La scrittrice australiana di fantascienza Catriona (Cat) Sparks, in un saggio che ha co-curato dal titolo Ecopunk! Speculative Tales Of Radical Futures ha definito in modo molto più preciso che cos’è la narrativa cli-fi e come si rapporta con gli altri generi della letteratura di genere:

“La narrativa sul clima si concentra sul cambiamento climatico antropogenico piuttosto che su catastrofi ecologiche naturali inarrestabili casuali, come supervulcani, brillamenti solari o grandi meteoriti che colpiscono la Terra. Emergendo inizialmente come un sottoinsieme della fantascienza, la fiction sul clima si trova a cavallo dei confini del genere: fantascienza, utopia, distopia, fantasy, thriller, romance, narrativa mimetica, scrittura naturalistica e letteraria, dai thriller frenetici alle narrazioni interiori dei giorni nostri e persino narrativa storica. Utilizza dati scientifici reali per tradurre il cambiamento climatico dall'astratto al culturale. Man mano che il campo cresce, sta espandendo i suoi parametri e sta diventando una letteratura contemporanea di scopo e rivoluzione, formando un ponte che collega l'informazione scientifica con le persone che si preparano ad affrontare un futuro incerto su cui non si può più fare affidamento sul passato per guidarci.”

Non vogliamo proporre liste di romanzi cli-fi, ma non possiamo non registrare che negli ultimi anni il tema sta diventando centrale nella letteratura di genere e non. Uno dei primi esempi di romanzi cli-fi che viene spesso citato è Solar (2010), del pluripremiato scrittore britannico Ian McEwan, che affronta il tema dell'energia solare in questa tagliente satira sulla vita accademica e sull'industria energetica, ma anche sul cambiamento climatico, La trama è incentrata sul suo grottesco antieroe e protagonista, vincitore del premio Nobel, Michael Beard nel corso di una vita caotica, si imbatte in un segreto che potrebbe salvare il pianeta.

Kim Stanley Robinson è uno dei decani della cli-fi. Il suo New York 2140 (2017) è un romanzo tentacolare, esuberante che mette insieme tanti attori in una vorticosa trama: hacker, commercianti, politici corrotti e ragazzi in cerca di tesori in una storia avvincente sul cambiamento climatico e sul crollo del capitalismo. Il tutto è ambientato in una Manhattan allagata, dove vaporetti e taxi d'acqua sfrecciano tra i grattacieli collegati da ponti sospesi e gli skimmer navigano sulla marea crescente lungo la Sixth Avenue.

C’è un romanzo, tuttavia, che a nostro avviso è riuscito a restituire il vero senso della climate fiction. Stiamo parlando di American War (2017) di Omar El Akkad, che immagina un'America devastata dalla guerra e dalle inondazioni provocate dai cambiamenti climatici. Sarat Chestnutt, la protagonista della storia, cresce in una baracca sul Mississippi, in una Louisiana divorata dal nascente Golfo del Messico. Una manciata di stati del sud, rifiutandosi di rispettare le leggi federali che vietano l'uso di combustibili fossili, ha tentato di separarsi dall'unione, scatenando una seconda guerra civile. I genitori di Sarat vogliono emigrare al nord, dove le opportunità economiche sono migliori, ma suo padre viene ucciso in un attentato suicida e Sarat, sua madre e due fratelli finiscono in un campo profughi vicino a un confine conteso. Violenza e rappresaglie lasciano Sarat priva di sensi e vendicativa.

Questo avvincente romanzo d'esordio del giornalista Omar El Akkad racconta il viaggio di Sarat Chestnut, che da bambina innocente diventa un assassino incallito, un epilogo che è parallelo alla caduta di Stati Uniti, che per via dei mutamenti climatici sta annegando e bruciando allo stesso tempo.

Ecco, se volete sapere che cos’è la climate fiction partite da questo brillante romanzo.