Ultimatum alla Terra è un film deludente sotto molti punti di vista: da un lato come remake dell'originale di Robert Wise del 1951. Dall'altro come pellicola di fantascienza in quanto tale, in cui una storia di base molto interessante viene indebolita dalla necessità commerciale di dare vita ad un blockbuster pieno zeppo di effetti speciali costosi, ma anche piuttosto inutili ai fini della narrazione.

E dire che il regista Scott Derrickson ci aveva provato a creare un'atmosfera intrigante che, in qualche maniera, potesse richiamare lo spirito della pellicola di quasi sessanta anni fa. Purtroppo le atmosfere inquietanti create dall'autore di Emily Rose hanno dovuto lasciare spazio a una costruzione stile Independence Day, con Derrickson che, purtroppo, in questo caso non è Roland Emmerich. E si vede.

Una visione intimista di una storia di fantascienza è diluita in una serie di clichés che rendono questo film un ibrido e, soprattutto, un'ottima occasione con tante grandi idee sprecate nel nome di chissà quali patetiche idee di marketing.

Peccato, quindi, che le premesse per un ottimo remake siano andate in qualche maniera perdute anche per colpa di uno script abbastanza mediocre dove il convincimento di un alieno da parte di una scienziata rispetto alla bontà della razza umana è, sinceramente, frettoloso e poco credibile.

Il film si apre sulla tranquilla vita di una studiosa interpretata da Jennifer Connelly la sera in cui viene portata in una zona segreta per cause di sicurezza nazionale. Un meteorite sta per colpire la Terra e la Nasa vuole avere un aiuto per trovare una soluzione ed evitare l'impatto che colpirà Manhattan radendola al suolo. I missili preparati dall'esercito, "misteriosamente", non funzionano e la meteora non solo non colpisce la città, ma rallentando atterra in pieno Central Park. Dalla sfera di luce esce uno strano essere avvolto in una sorta di placenta. Un soldato spara inavvertitamente e l'alieno viene portato in ospedale dopo che un gigantesco robot, anche lui uscito dalla sfera luminosa, sembra avergli dato una scossa vitale.

Progressivamente le intenzioni dell'extraterrestre di nome Klaatu diventano sempre più chiare: annientare la razza umana rea di avere messo a repentaglio la vita di uno dei pianeti più belli e vivibili dell'Universo. Ed è qui la parte migliore del film che lo rende, comunque, una pellicola da vedere, nonostante tutti i difetti: l'ìdea che ci sia una 'Federazione di pianeti' che osserva e controlla lo svolgimento della vita sulla Terra e che intende colpire l'umanità non solo per la sua violenza, bensì, soprattutto, per avere violato e portato al collasso l'ambiente in cui vive.

Un altro momento interessante è dato da quando Klaatu, in fuga, accompagnato dalla scienziata e dal pestifero figlio adottivo, incontra un anziano signore cinese che si rivela per essere un extraterrestre vissuto segretamente per settanta anni sulla Terra. Il dialogo tra i due, nonostante la fretta costante del film, è particolarmente ispirato e sorprendente.

Detto questo il film è pieno di ottime idee in grado di migliorare sensibilmente non solo l'originale, ma anche di aggiornare la forza della storia di quella pellicola ad oggi. Commovente è anche l'incontro tra il premio Nobel interpretato da John Cleese che dialoga con Klaatu scrivendo un'equazione, mentre le Variazioni di Goldberg di Bach nell'esecuzione di Glenn Gould vengono irradiate dagli altoparlanti della casa dell'anziano gentiluomo. Purtroppo, però, per tante buone idee ce ne sono altre pessime: Gort il gigantesco robot si trasforma in uno sciame di insetti metallici come in La Mummia di Stephen Sommers. Poiché si era incerti sul risultato elettorale a gestire la fine del mondo non è il Presidente degli Stati Uniti, ma il Segretario alla Difesa...

Le sfere sono in tutto il mondo e come spesso capita nei disaster movie si intravedono una serie di panorami da tutto il pianeta con tanto di Putin e Benedetto XVI che, forse, in un film di alieni ci stanno pure bene, ma mostrati così, francamente, non hanno alcun senso.

La parte più fragile, però, resta quella del rapporto tra la scienziata e Klaatu. Nonostante il talento degli attori, perfetti per i ruoli e bravissimi a restituirne il senso, quello che proprio non funziona è la serie estenuante di dialoghi che, alla fine, si trasformano in una collezione di banalità.

Ultimatum alla Terra è un po' il simbolo di una certa Hollywood di oggi, incline a rinunciare alle buone idee per scelte più facili e, apparentemente, commerciali, ma che in realtà volgarizzano dei grandi concetti per ridurli a qualcosa di estremamente semplice e noioso. Dopo La guerra dei mondi e L'invasione degli ultracorpi, un altro remake che sarebbe stato meglio non realizzare. Almeno non così...