Il richiamo dell’Avventura con la A maiuscola, è un po’ come quello della leva militare, un bel giorno ti arriva a casa una cartolina e, paf! Prendi lo spazzolino da denti, molli tutto e parti armi e bagagli a salvare il mondo. A chi non è capitato?

Se invece vi recapitassero solo bollette oppure cartelle esattoriali… nessun problema, poteste sempre mettervi comodi a leggere fumetti e, in pantofole e tutone, andare lo stesso a farvi un giro per l’universo, inseguendo le peripezie di cinque tizi più fortunati (o disgraziati) di voi.

Il viaggio interplanetario che ci interessa parte dalla Spagna sul finire degli anni ’60. Già da alcuni anni, Barcellona è diventata meta di giovani fumettisti in cerca di fortuna e il fermento che anima la città si concentra in raggruppamenti di artisti che lavorano insieme in agenzie importanti, come la Selecciones illustradas di Josep Toutain, o in studi esterni frequentati da teste matte & creative. Questi ultimi sono formazioni dalla vita non sempre durevole, calamita di tipi poco avvezzi a timbrare cartellini, nemici dell’ordine e degli orari, talvolta anche dell’igiene più severa, ma non della curiosità e del desiderio di scandagliare percorsi nuovi mai battuti prima.

Una combriccola di questi beatnik alla Catalana è quella che si insedia in un pittoresco edificio turrito, nel mezzo di un’area verde del quartiere di San Cugat del Vallés. Con l’aria che tira in città, Dio solo sa cosa accade lì dentro tra una vignetta e una cerveza, comunque, come raccontano le divertenti memorie a fumetti di Carlos Gimenez, in quel clima anarcoide alla Animal house nascono progetti, serie e lavori che faranno il giro del mondo. Il gruppo ha un nome di battaglia regalatogli dal critico Luis Gasca, che, ispirato dalla collocazione boschiva dello studio, lo chiamerà "Grupo de la Floresta". I suoi componenti sono il fior fiore del tebeo hiberico, ancora agli inizi della propria carriera ma già con le stimmate del talento. Quello del virtuosistico Luis Garcìa, di Carlos Gimenez col suo humour tagliente, dei talentuosi Jesus “Suso” Peña, Ramón Torrents, Adolfo Usero e dell’immaginifico Esteban Maroto. Un poker di autori d’eccezione, che, insieme ad altri connazionali della stessa generazione come Siò, Beà e Fernandez darà una botta di vita agli schemi consolidati del comic nazionale.

Avventura vuol dire imprevisto, prontezza, azzardo e soprattutto rotte sconosciute. Nella nostra allegra brigata, già attiva sul mercato britannico tramite la suddetta Selecciones, il richiamo magico giunge tramite una cartolina proveniente dall’altra parte dei Pirenei. Si tratta de Le signe du chien, il romanzo di Jean Hougron del 1961, che accenderà l’immaginazione di uno dei Florestales trascinandolo nella capitale del lontano pianeta Sirkoma. Laggiù, in una ridda di misteri e lotte tra uomini-forza e alieni cinomorfi, si illuminerà per Esteban Maroto una strada maestra, una direzione racchiusa tutta nelle iniziali CF – no, non Codice Fiscale come starete pensando, ma Ciencia Ficciòn.

Purissima fantascienza, alla salute di Alfred Van Vogt.

Potenza della space-opera vuole che la lettura dell’autore francese fornisca a Maroto spunti e suggestioni per ricavarne uno script movimentato e duttile, facile da declinare in mille situazioni diverse. Un racconto di Ray Bradbury, poi, ispira il titolo della serie e i personaggi si costruiscono quasi da sé in ruoli archetipi, sbozzati quel tanto che basta per essere funzionali al racconto, cioè fungere da braccio esecutivo di missioni impossibili. In assenza di super-poteri, i cinque saranno aiutati da peculiarità che nel lavoro di squadra si rivelano preziose: Altair, brizzolato docente di astronomia, rappresenta la conoscenza, mentre s’incontrano mente e sensibilità nella psicologa Aline. Il comparto glamour è costituito da Hidra e suo fratello Sirio, entrambi divi del cinema, esemplari per bellezza, agilità e prestanza fisica, infine il più terrigno del quintetto, Orion, è anche il simbolo della forza e della risolutezza, qualità che provengono dalla sua professione di guardiaspalle.

Per ognuno di loro l’arruolamento da tutore dell’ordine universale avviene con il passaggio su un ufo inviato dal sopravvissuto di una razza extraterrestre estinta, di quelle così evolute, come l’Osservatore di Lee & Kirby, da poter fare a meno di shampoo e pettine.

Infinito comunica con i 5 attraverso un gigantesco monitor posizionato nella plancia dell’astronave, e da questa base mobile si andranno a dipanare le avventure incasinatrici delle rispettive vite private, nonché viatico necessario per visitare tutti gli angoli della galassia (di norma a rischiare la pelle, se no non c’è gusto).

Il plot di Cinco por Infinito è questo. Semplice e diretto, niente di troppo geniale, eppure dannatamente promettente. La domanda che si pongono dunque i Florestales è: funzionerà?

Un vecchio slogan di Dan Petersen a proposito di una miscela di the “numero uno” sembra confermarlo, rispondendo con la formula: “uniti come cinque diti di mano”. In effetti, se le storie a un solo protagonista funzionano, allora averne 5 per uno dovrebbe far di più, se poi dietro di loro ci sono le mani di altrettanti 5 disegnatori d’eccezione non serve mica il commercialista per vedere che il conto torna.

Confortati dai numeri giusti, i colleghi si danno da fare, e nell’autunno del 1967 il risultato è Primer encuentro, la puntata pilota del nuovo serial. Il buon Toutain trova un referente editoriale tedesco e, fiutato l’affare, finanzia anche la produzione del fumetto. Fa benissimo, perché nel giro di poco, l’investimento si rivela vincente permettendo a questa opera collettiva di venire esportata in almeno 10 paesi.

Come si immagina il “La” alla carriera personale di Maroto è appena cominciato.

Quello che invece non è chiaro sarebbe come può un prodotto di gruppo trasformarsi poi nel successo personale di un singolo creatore? Semplice, moltiplicando per 5 la sua parte di lavoro a partire dal sesto episodio, in modo da fargli fare un fondoschiena così (a 700 pesetas per tavola) sui testi e disegni delle seguenti 15 uscite. Matematico.

Un progetto riuscito non nasce dal nulla, dietro c’è tutta l’esperienza della strada percorsa e tanta gavetta. Nel passato dell’artista madrileno ne troviamo un bel po’, ben 17 anni di pratica iniziata col tirocinio da matitista presso lo studio di Manuel Lopez Blanco.

Il giovane Maroto comincia a farsi le ossa nel segno della tradizione, macinando comics scolastici assai debitori del modello americano (Canniff e l’X9 di Raymond). Tavola dopo tavola, resiste al duro lavoro di travet dell’immaginario, la sua formazione quindi procede senza troppe levate d’ala fino alla società con l’amico Gimenez, col quale 5 anni dopo approda presso lo studio di Garcia Pizzarro. In questa fase lavorativa lo stile di Maroto si affina, uniformandosi agli standard grafici un po’ leziosi richiesti dai fumetti rosa per il mercato inglese. In compenso, gli anni spesi a illustrare manfrine rendono, rinforzando l’attrezzatura del fumettista e preparandolo a un salto di qualità che lo faccia passare da un opaco professionismo a qualcosa di meglio.

Cinque per Infinito, appunto.

Una lunga serialità da portare avanti, però è un ottima chance di sbarcare il lunario, ma rappresenta pure una commessa onerosa, dato il rischio di non riuscire a star dietro alla consegna. Per questa ragione il team dei super-compagni subentra alla produzione, frazionandola in un puzzle di sezioni separate.

Produrre le historietas del quintetto mese dopo mese, tutto sommato è fattibile senza fondere i pennini. La parola d’ordine è diversificazione.

A Maroto, in quanto regista del progetto, spettano la sceneggiatura e i lay-out delle tavole, Luis Garcia si dedica al volto di Infinito e ai primi piani femminili, Torrens alle figure femminili e i sfondi spaziali, Usero a quelle maschili e Suso curerà i fondali e i modelli di astronave. L’amalgama di questo ircocervo è convincente ed è impossibile distinguere le mani diverse dei disegnatori, se non in qualche guizzo di Louis Garcia nei tratteggiare il capoccione pelato dell’extraterrestre. In questa formazione saranno realizzati i primi 4 episodi, lasciando il campo a Maroto e Usero sul quinto (Peligro en el espacio) e infine al solo Maroto, ormai scafato e padrone del mezzo, dal sesto al ventesimo.

L’episodio numero 6, Sirenas, ha un valore particolare,perché oltre a concentrare in un solo artista la totalità del lavoro, sposta anche il taglio dell’azione dalla fantascienza spaziale a un dimensione più fantastica e onirica, ambientazione che diventerà negli anni identificativa della produzione di successo del disegnatore.

Su questo banco di prova, l’inventiva di Maroto, troverà rapidamente una sua cifra stilistica personalissima, elegante e moderna, in una sintesi grafica che coniuga liberty, optical e psichedelia con una morbidezza fiabesca ben espressa dalle frequenti splash-page. E’ il germoglio del futuro autore di fumetti acclamati come Alma de Dragon, il suo bellissimo fantasy uscito su Trinca nel 1972, oppure il serial horror scritto da Roy Thomas nel ’73 e dedicato alla diavolessa Satana (in Italia Satan),

Mentre la madre patria resta freddina per i virtuosismi di questo splendido autore, i cui 5 giustizieri sono pubblicati sulle riviste Delta 99 e Dracula, gli Stati Uniti gli spalancano le braccia apprezzando non poco il suo lavoro. Persino il grande Neal Adams, nel corso di una permanenza nella Spanish Harlem di New York, scova una puntata di Cinco por Infinito, ne rimane entusiasta e si attiva per riproporla negli USA negli anni ’80 col nome Zero Patrol (intervenendo massicciamente su testi e disegni).

La riedizione della Continuity comics non ha vita lunga e si chiude dopo soli due numeri, questo, comunque non intacca la folgorante fortuna americana di Maroto che dopo una collaborazione con la Warren e aver firmato il celeberrimo bikini di monete di Red Sonja per la Marvel, si dedica alla DC comics con la quale firma una personale versione di Aquaman e quella della maga desnuda Zatanna.

In Italia non mancano le apparizioni dei suoi lavori, apparsi dalla metà dei ’70 in poi su Lanciostory – rivista che ha il merito di aver pubblicato 5 per Infinito, oltre al mensile 1984, varie testate della Milano Libri e il Libro della paura della Mondadori, una chicca contenente anche Beà, Siò e altri grandi nomi francesi e americani.

L’ultima sortita Italica del penta-creatore è nella serie Bonelli “Brendon”, in piena sintonia con le atmosfere visionarie del fumetto di Chiaverotti e altrettanto intonato alle copertine di Corrado Roi, con cui condivide classe e affinità elettive.

Non sarebbe male se il paese che l’ha insignito di un premio speciale alla nona edizione della rassegna Lucca Comics, potesse accaparrarsi i diritti di ristampa del librone della Glenat, uscito pochi anni fa con l’edizione integrale del quintetto. Si vedrà. Per il momento di 5 stelle siamo al completo, che a vederle non serve più il telescopio, ma basta accendere la tivù.