– Anch’io mi sono interrogato a lungo su quale aspetto dovessi avere – disse Castor e avanzando di un passo fece scivolare la mano in una tasca della tuta. Quando la ricacciò fuori, un riflesso di luce metallica guizzò sul filo della lama. – Me lo sono domandato per tutta la durata della caccia. Ogni volta che trovavo un indizio, cercavo di ricostruire la tua essenza dalle tracce del tuo passaggio. – Castor fece una pausa, mentre Lei continuava a digitare le sue istruzioni al terminale di controllo. Smise di parlare senza fermarsi. Quando giunse alle spalle della preda si riempì i polmoni del suo profumo. – Credevo che saresti stata come le altre prima di te. Erano tutte bellissime, talmente belle che erano riuscite a convincermi non potesse esistere niente di meglio. Spingersi oltre avrebbe significato avvampare nelle fiamme della perfezione dell’Empireo… – sentenziò allungando la mano disarmata verso il collo di Lei, sfiorandone la pelle con una carezza volta a saggiare la consistenza del corpo ospite.

Le mani di Lei smisero di battere sulla tastiera. Si voltò lentamente verso il carnefice, obbedendo al richiamo silenzioso delle sue mani e, socchiudendo gli occhi, si donò alle sue labbra mentre la lama compiva silenziosamente il suo dovere.

– Ti amo – sussurrò Castor. – Ti ho amata sempre.

– Lo so – fece Lei. – Finisci ciò per cui sei venuto.

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Sul megaplasma si fece buio e nel nero di fondo cominciò a caricarsi la barra di stato del downloading.

– Qualcosa non va? – chiese Moore in reazione a una risposta stizzita di Connor. Il matematico fissava il suo schermo: aveva smesso di manipolare le icone olografiche raccolte nel toolbox.

– Non so cosa sta succedendo – replicò Connor. – Il programma ha smesso di rispondere agli input.

– Come sarebbe?

– Si è bloccato… – cominciò Connor, ma si corresse subito. – Anzi, no. Sembra piuttosto che abbia cominciato a fare di testa sua. Va avanti senza una regola, ignorando le istruzioni esterne.

– Come è possibile una cosa del genere? – stupì Moore.

– Non ne ho la più pallida idea.

– La decifrazione è stata conclusa?

– Stiamo caricando il messaggio decriptato. – Sul megaplasma la barra di caricamento aveva superato la soglia del 90%. – Ancora qualche secondo.

Quando la lettura giunse a termine, un coro di sorpresa uscì dalle loro gole.

– E questo cosa diavolo vuol dire? – chiese Moore.

– Castor vuole parlare con lei, signore – replicò Connor.

– Forse è meglio avvisare il ministro – concluse Moore.

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Una scintilla scoccò dall’interfaccia delle loro proiezioni organiche. Fu solo il preludio alla fiamma sovrannaturale che fiorì nell’abbraccio delle loro coscienze disincarnate, laddove l’una si era concessa al tatto dell’altro.

Nel silenzio del cyberspazio, in una notte elettrica come mille altre che l’avevano preceduta, un’ondata di piacere incandescente investì i terminali della conoscenza, spazzando via dagli angoli abbandonati e dalle zone in penombra ogni traccia residua di solitudine.

Castor la aveva scovata. Lei si era lasciata prendere.