Succede spesso che lo spazio riesca a rendere straordinarie le cose che, in verità, per noi sono più che comuni. E' il caso della scoperta di acqua allo stato liquido su Enceladus, una delle lune di Saturno, fatta grazie all'analisi di una serie di immagini del satellite riprese dalla sonda Cassini lo scorso febbraio. Grazie alla particolare posizione in controluce del corpo celeste, gli scienziati hanno potuto distinguere chiaramente oltre il bordo del pianeta delle eruzioni di materiale ghiacciato dovuto all'entrata in contatto di acqua allo stato liquido con il gelo dello spazio. A rendere la scoperta straordinaria sono due fattori principali. Innanizutto il fatto che questa è la prima volta che viene trovata evidenza di acqua allo stato liquido su un altro corpo celeste del Sistema Solare. Finora infatti l'acqua era sempre stata trovata sotto forma di ghiaccio. In secondo luogo, il fatto che la scoperta sia stata fatta su un corpo celeste insospettabile, essendo Enceladus molto piccolo e molto freddo. In effetti ci sono molti corpi celesti coperti da una spessa coltre di ghiaccio, sotto i quali gli scienziati sospettano possa esserci acqua allo stato liquido. Da questo punto di vista il satellite di Giove, Europa, è l'esempio più celebre. Tuttavia, in tutti questi casi si ritiene che lo spessore di ghiaccio superficiale sia di parecchi chilometri, tale da isolare l'acqua sottostante dal gelo dello spazio, mentre nel caso di Enceladus gli astronomi sono convinti che che lo spessore del ghiaccio superficiale che copre questi depositi di acqua non sia superiore a una decina di metri. Insieme a Io e Tritone, satelliti rispettivamente di Giove e Nettuno, Enceladus entra così nel ristretto club dei pianeti, oltre alla Terra, dotati di vulcanismo ancora attivo. E a tale proposito, l'interrogativo che adesso assilla gli scienziati è quale sia la sorgente di energia che Enceladus sfrutta per mantenere nel sottosuolo l'acqua a una temperatura superiore agli zero gradi e farla sgorgare all'esterno. Ma la conseguenza più importante di questa scoperta è forse un'altra. Come infatti ha sottilneato Carolyn Porco del Cassini Imaging Team, "se abbiamo ragione, abbiamo significativamente ampliato gli ambienti del Sistema Solare dove potrebbero esserci le condizioni adatte a ospitare organismi viventi". A partire da questa piccola luna del diametro di soli 505 km di diametro. Alla NASA sembrano convinti che il prossimo capitolo della ricerca della vita nel Sistema Solare possa partire proprio da qui.