Decisi di lasciar perdere. - Nobile XXL, sono qui per mettervi in affari con voi. Sono anch'io nel vostro ramo, sul mio pianeta. E credo che la mercanzia che tratto possa interessarvi.

- Di che mercanzia parlate, Genny Air?

- Abiti termici, come quello che indosso. Leggeri e nel contempo caldi, pratici e funzionali. Su Gethen avrebbero un successone.

Forseth inarcò un sopracciglio con aria scettica. - Perdonatemi, Genny Air, ma non capisco. Perché noi getheniani dovremmo indossare vesti cucite su un altro pianeta?

Scossi la testa. - Non mi sono spiegato, nobile XXL. Non propongo di importare abiti termici da Hain o dalla Terra: non sarebbe economicamente conveniente. Ciò che vi offro è di produrli voi, secondo i modelli e i progetti che io vi fornirò. Una società al cinquanta per cento. - decisi di imbonirlo con una delle frasi karhidiane che avevo imparato - Come dite voi, possiamo tirare insieme la slitta anche senza essere kemmeri .

Lui meditò a lungo. Alla fine capii che si era addormentato. Lo scossi. Sussultò, svegliandosi.

- Allora, nobile XXL? Cosa ne pensate?

- Il mio Focolare lavora pellicce con gli stessi metodi da ottocento anni. - considerò pacatamente lui - Perché, d'un tratto, dovremmo cambiare?

- Con i miei sistemi - replicai - potrete confezionare abiti risparmiando materiale e manodopera, e soprattutto impiegandoci metà del tempo.

- E allora?

Battei le palpebre, sconcertata. - Allora cosa? Non vedete il vantaggio?

Lui sorrise con sguardo insinuante. - Considerate il torrente e il ghiacciaio, Genny Air. L'uno e l'altro giungono dove stanno andando.

- Sì, però quando arriva, il ghiacciaio ha le palle come due Zeppelin. - replicai stizzita.

- Ah, Genny Air, - sospirò lui - voi non capite me, e io non capisco voi.

- Insomma, rifiutate di mettervi in società?

Il getheniano sorrise di nuovo. - Vi prego, Genny Air: io non so chi voi siate, né quel che volete. Non ho rifiutato. Semplicemente, non ho acconsentito. Dovete concedermi il diritto di usare una ragionevole prudenza.

Con estremo rispetto, mi chiesi che cazzo stesse dicendo. Pure, mi costrinsi alla calma: aveva ragione lui. Il popolo di Gethen, lo sapevo bene, era prudente sino all'esasperazione. Non serviva a nulla spronarli: con loro si doveva avanzare a piccoli passi. Lentamente, molto lentamente.

Mi sedetti su un gelido sedile in pietra, su cui le chiappe mi si congelarono all'istante, e ripartii dall'inizio, spiegando la mia proposta a Estralargen con parole semplici e tranquille, come se il getheniano fosse un bambino sospettoso. Dopo le prime due ore, ero esausta come una capra karhidiana. Vedevo i miei sforzi prendere la forma di una visione innaturale, quasi una morbosa coscienza di sé. Lui era un monumento alla placidità, e mi chiesi a quale livello di torpore i mammiferi di quel pianeta potessero giungere prima di perdere le funzioni respiratorie.

- Consentitemi, nobile XXL. - dissi alla fine, esasperata - Prendete il mio abito. Indossatelo, rendetevi conto di persona.

Tirai giù la cerniera lampo e mi sfilai il vestito. Lo porsi a Estralargen, ma lui non fece alcun tentativo di afferrarlo.

Con stupore, mi resi conto che era arrossito violentemente.

- Che succede? - chiesi.

Poi abbassai lo sguardo, e vidi l'inequivocabile rigonfiamento che sorgeva impetuoso nelle parti basse del mio ospite.

- Nobile XXL, voi... tu... stai entrando in kemmer?

- Non è possibile. - balbettò lui, incredulo - Mancano molti giorni al mio periodo. Forse... cos'è quello?

Seguii il suo sguardo. Estralargen stava inequivocabilmente fissando la mia sottoveste di seta nera e le mie mutandine di pizzo. In effetti, so quanto siano provocanti: io ho una pelle bianchissima, e mio marito dice sempre che vedermi addosso lingerie nera lo fa arrapare come un mandrillo gigante del pianeta Hain.

- Non... non ho mai visto niente del genere. - ansimò il getheniano, il viso rosso peperone.

- Mi è appena venuta un'idea. - commentai.

Una storia, come inventata da G.A. e usata in seguito nel Focolare di Tuppeshem come spot pubblicitario. Nel sesto giorno del mese di Sohnasegar il primogenito del signore di Tassinoth di Sopra, seguendo le orme di un grande Yak Peloso, si perse nella tormenta. A nulla valsero i richiami disperati dei suoi compagni di caccia: la tempesta separò il figlio del signore di Tassinoth di Sopra dal gruppo, e lo sospinse verso sud, nelle terre ostili di Tassinoth di Sotto. Il giovane vagò a lungo nella neve ganner alta fino alle ginocchia. Il vento del Gobrin gli soffiava cristalli di ghiaccio bhassin negli occhi, egli soffriva il freddo e la fame, e nulla in quella distesa bianca sembrava dargli un po' di conforto.

Il figlio del signore di Tassinoth di Sopra tentò di costruirsi un rifugio e di accendersi un fuoco, ma non poteva usare i tronchi degli alberi perché era un ambientalista militante, e il vento portava via i rami secchi più velocemente di quanto egli riuscisse a raccoglierli. Disperato, il figlio del signore di eccetera eccetera cominciò ad avere orribili visioni. Scorse nel biancore la figura di un omone barbuto dallo sguardo ebete che inseguiva una bottiglia d'acqua minerale gridando "La mia Levissima!!!". Vide persino un tizio a cavallo di uno strano animale bipede che andava in giro nella tormenta urlando "Luke! Luke! Dove sei?".

Il figlio del signore di Tassinoth di Sopra capì che era veramente nei guai, e implorò Meshe di dargli un segno, di fargli capire se non era ancora giunto il suo momento oppure se quella volta era proprio fottuto. In risposta alle sue preghiere, la nebbia si diradò all'improvviso, e il giovane vide una capanna col camino che fumava.

Raccolte le ultime energie, il figlio del signore... (cheppalle, facciamo così, d'ora in avanti chiamiamolo semplicemente Pippo) raggiunse quell'insperata oasi di salvezza e picchiò sulle assi della porta.

L'uscio si aprì, e il giovane vide di fronte a sé il primogenito del signore di Tassinoth di Sotto, il suo peggior nemico.

- Ti prego. - disse - Fammi entrare.

- Perché dovrei? - replicò l'altro - Tu sei mio nemico, e io sono tuo nemico. La faida tra le nostre famiglie va avanti da quattro secoli, da quando il tuo tris-tris-trisavolo Dhotor Pepper Sev Ehn Up rubò la figurina di Pizzaballa dall'albo del mio bis-bis-bis-bisnonno Shel Upeschu Glifoh Uhn Mazzotant.