- Crede davvero, professore, che ci concederanno un'altra possibilità? - sento chiedere al carceriere. Nonostante la vista appannata mi accorgo che continua a tormentare selvaggiamente il copricapo floscio.

Faccia di topo fa un movimento che somiglia a una scrollata di spalle, ma non riesco a distinguere l'espressione del viso. Poi sembra accorgersi del particolare nuovo che arricchisce l'affresco, perché si avvicina alla parete che sostiene la mia schiena, facendo attenzione a non affondare le scarpe nelle pozze di sangue e nei rigagnoli che da esse tracimano. - E dopo averlo ricucito, provvedete a ripulire affreschi e schifezza che insozza il pavimento - dice all'altro che gli tiene dietro da presso. - Ah, per maggior scrupolo, verificate di nuovo che l'effetto torre non presenti particolari stonati: scoprirsi relegato in un laboratorio costruito a trenta metri sottoterra finirebbe per disorientarlo completamente, alimentando probabilmente l'impulso suicida.

Per quanto mi sforzi non riesco più a comprendere il significato del dialogo. Le orecchie mi ronzano forte, sono state scelte da sciami d'api per impiantare alveari.

- Eccola lì - continua l'ometto, indicando il muro sopra la mia testa. - Sempre la stessa scritta pennellata col sangue, a comunicarci, come una beffa, la comprensione raggiunta.

- E' la stessa dell'ultima volta? - chiede il carceriere. - Quella in lingua babilonese?

- Cuneiforme di Sumeria, sporcato da espressioni in lingua di Akkadia, la lingua Semitica parlata dai babilonesi, la stessa utilizzata per scolpire le dodici Tavolette della saga rinvenute fra le rovine della biblioteca di Ashurbanipal. La traduzione suona più o meno: Per chi ho lavorato? Per chi ho viaggiato? Per chi ho sofferto? Non ho guadagnato nulla per me, ne ha tratto profitto solamente il serpente. Uno stralcio dalle Tavolette di chiusura, quelle false, quelle della grande menzogna.

- Questa è una sua ipotesi, professore, una teoria di cui i nostri amici finanziatori non sono persuasi - commenta il carceriere.

- Ti riferisci al dito?

- Già. Loro, a mio parere, non sono ancora convinti che sia davvero appartenuto alla mano destra del Re.

- L'hai visto con i tuoi occhi, no? Organicamente integro, e continua a sanguinare dopo migliaia d'anni. Un dito medio praticamente immortale. Non abbiamo notizia dell'episodio che ne causò il distacco, ma è probabile che Gilgamesh ne avesse subito l'amputazione durante uno scontro armato. E poi ci sono gli affreschi...

- Appunto - interrompe l'altro. - Quelli non ci forniscono nessuna conferma che la sintetica lo abbia aiutato a ricordare. Solo ambienti d'acqua: acqua e rospi, come un'ossessione.

Dalla citazione dell'acqua emerge una scheggia di catastrofe e, per il tempo di un lampo, allontana le voci. E io sono Gilgamesh...

Il Consesso degli dei siede gemendo:

Decidemmo cattive cose nella nostra Riunione

Perché decidemmo di distruggere le nostre Creature

Le abbiamo appena create le Umane Creature

E noi ora le distruggiamo nel mare

- Acqua, certo - riprende faccia di topo, picchiettando con due dita sul ferro che gli rattoppa la fronte. - Come un'ossessione che può tormentare solo chi il Grande Diluvio l'abbia vissuto o, come nel nostro caso, chi ne abbia ricevuto cronaca fedele da qualcuno che il disastro d'acqua l'abbia affrontato da protagonista.

- L'Utnapishtim della saga, quella specie di Noé babilonese? E i rospi? Insieme all'acqua non ha fatto altro che dipingere rospi.