aneddoti di

Vittorio Curtoni

Memories of green The way we were


Non sappiamo se Delos sia entrato nella storia della fantascienza italiana, ma sicuramente la storia della fantascienza italiana è entrata in Delos. Vittorio Curtoni, già direttore delle mitiche riviste Robot e Aliens - e comunque un bel po' mitico già di suo - ha accettato di portare sulle nostre pagine una collezione di gustosi aneddoti del fandom e dell'editoria italiana. Ah, per sua volontà, il sottotitolo di questa rubrica è "i farneticanti ricordi del vecchio vic". Almeno sapete cosa aspettarvi...

L'estate scorsa, in previsione della mia antologia che esce ora dalla Shake, ho scritto una lunga autobiografia professionale, molto pensata e ripensata, nella quale ho tracciato (spero, mi illudo) non solo la mia parabola personale ma anche una parte della parabola del mercato italiano della fantascienza dal 1952 a oggi. Riprendendo in certe zone cose che avevo già pubblicato su Delos e nel mio saggio Le frontiere dell'ignoto: io sono un grande riciclatore, non butto mai niente. Del resto, la mia esperienza è quella che è, mica me la posso reinventare di volta in volta.

In quella sede, di alcune cose ho taciuto, di altre ho parlato solo brevemente per esigenze di spazio. Però io sono uno di quelli che la storia della sf italiana l'ha vissuta dall'interno per più di trent'anni, anche se sono arrivato dopo tante altre persone che mi hanno preceduto, i classici giganti sulle spalle dei quali sto seduto; e praticamente non passa giorno senza che mi interroghi sulle meccaniche di questa particolare storia.

Mi chiedo: come mai? Perché? Cos'è successo in anni remoti? Quali eventi ci hanno dato un imprinting che forse solo oggi comincia a non pesare in maniera tanto gravosa?

Eccovi alcune risposte. Provvisorie e parziali, e senz'altro da integrare con altre cose che racconto in Retrofuturo. Ma insomma sono vere, per quel che ne so io, anche queste.

La prima, ovvia constatazione è che il mercato della sf in Italia è sempre stato abbastanza ristretto: oggi, a mio giudizio, siamo arrivati alla frutta (non a livello di qualità; parlo di quantità di testate disponibili, e penso soprattutto all'edicola, per tradizione da sempre palestra per gli autori indigeni), ma anche nei momenti di maggior fulgore non c'è mai stato spazio a sufficienza per tutti, magari soprattutto per gli esordienti, come il perdurare del fenomeno fanzines dimostra ampiamente; e i momenti di maggior fulgore, in ogni caso, sono sempre durati pochissimo, due o tre anni al massimo. Sarebbe interessante fare un grafico dell'andamento del mercato italiano dagli anni Cinquanta a oggi: si registrerebbero picchi improvvisi e piuttosto brevi (ad esempio nel periodo di Robot, la metà degli anni Settanta), e lunghi periodi di siccità. Posta questa situazione, uno stato di semi-anemia cronico, è piuttosto ovvio che si siano spesso verificate lotte feroci per accaparrarsi un posto di rilievo, ed è altrettanto ovvio che chi arrivava a determinate posizioni cercasse poi di difenderle davvero con le unghie. E' nella natura umana.

In secondo luogo, molti, probabilmente troppi dei protagonisti della sf italiana sono stati personalità molto forti, accentratrici, tendenzialmente megalomani: mi metto per primo nel mazzo (non a caso la rubrica che tenevo su Aliens si chiamava "Solipsismo"; come rise Armenia quando gli proposi il titolo, e quanto disse che era perfetto per me...), e spero con questo di poter schivare l'accusa di voler sparare a zero. Non è così. La cosa ha avuto i suoi lati negativi, esplicitati soprattutto in editoriali di fuoco e simili; però il fatto di avere tante personalità forti ha anche permesso, ne sono certo, di fare cose che altrimenti non si sarebbero mai fatte.

Certo che talora avere a che fare con alcuni di questi signori ha procurato disturbi gastrici pure a me, che di natura sono abbastanza coriaceo; e alcuni cozzi epici non si sarebbero mai verificati se i protagonisti fossero stati diciamo altrettanto intelligenti ma lievemente piu' miti.

Questa, en passant, è una caratteristica tipicamente italiana. Leggendo alcune delle varie storie disponibili della sf americana, magari volumi di ricordi autobiografici come l'affascinante The Way the Future Was di Frederik Pohl, si vede che in America lotte epiche a questo livello non ci sono mai state. Ad esempio, una personalità incazzogena come Harlan Ellison spicca nel campo americano proprio perché è un esemplare atipico, non in linea con la media dei comportamenti. Va da sé che gli autori americani hanno sempre avuto un mercato assai piu' ampio e ricettivo, sicché se qualcuno non era d'accordo con la politica editoriale di qualcun altro (ad esempio Dick che non approvava la metafisica dei mutanti di Campbell) poteva pubblicare in altre sedi. In Italia questo è stato praticamente impossibile per molti anni. Il che può essere una spiegazione delle tante faide che hanno contrassegnato la storia della sf italiana.

Un fattore collaterale a questo è la tendenza di certuni a utilizzare la fantascienza come mezzo di affermazione personale. Essendo l'orticello tanto piccolo, basta fare relativamente poco per arrivare ad acquisire un minimo di spicco; e così mi è capitato di conoscere non so quante volte, con mio sommo dispiacere, individui che per avere pubblicato tre racconti in croce, magari su bollettini parrocchiali o affini, si ritenevano grandi autori intoccabili. Ho conosciuto gente capace di romperti i marroni un'intera sera vantandoti la magnificenza delle proprie opere. Ho conosciuto tizi che, messi di fronte alla necessità di apportare alcune modifiche a un racconto per un motivo o per l'altro, si sono inalberati; e, proclamando che il loro parto era un capolavoro, che non se ne poteva toccare una sola virgola, hanno preferito ritirarlo e non vederlo pubblicato. Eccetera. A dio piacendo, non tutti sono così, niente affatto: le persone capaci e intelligenti (quelle che in effetti sono rimaste sul mercato per dieci, venti, trent'anni, nonostante le difficilissime condizioni) non mancano, e un buon consiglio lo sanno accettare. Meno male.

Terzo e ultimo fattore: la politica. E' sempre esistita una divisione, all'interno della sf italiana, per linee politiche, diciamo genericamente tra destra e sinistra. Questo si è visto benissimo nel periodo del primo fandom italiano, anni Sessanta; si è visto negli anni Settanta con Robot; eccetera. Debbo dire che oggi, con un clima politico generale assai mutato rispetto al passato, col Sessantotto che è solo un fantasma remoto e piuttosto sbiadito, questa componente ha perso molta della sua carica (il che mi ha permesso di riconciliarmi in anni recenti con più di un vecchio nemico politico, di seppellire l'ascia di guerra: splendido!), e credo ormai conti pochissimo.

In generale, la mia impressione è che oggi il clima sia molto più mite, meno infuocato. Confesserò di avere da tempo perso i contatti con l'universo delle fanzines, per cui non so proprio se lì le cose continuino a procedere in base ai vecchi (ed esecrabili, come no) standard. Ma di sicuro, i nuovi autori che stanno tracciando mappe inedite per la nostra fantascienza non litigano tra loro, non si prendono per i capelli, non si sbeffeggiano dalle colonne di riviste prepotentemente tese a fiancheggiare l'uno o l'altro; e anche grazie a questo, ne sono convinto, oltre che per le loro intrinseche qualità di narratori, stanno ottenendo gli sfolgoranti risultati che abbiamo sotto gli occhi.

Fanno l'amore, non fanno la guerra. E sono molto più contenti e si godono quel che hanno diritto di godere.



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