Siamo cambiati tutti, inutile negarlo. E' cambiato il mondo, è cambiato il futuro di ieri che oggi è presente ma sembra più che altro un'incubatrice di tanti possibili tempi a venire, pochi dei quali rassicuranti; è cambiata la fantascienza: quando la vecchia Robot l'ha lasciata era alle ultime fasi delle convulsioni del post New Wave, narrativa umanistica, introspettiva, globalmente impietosa e centrata sull'uomo; oggi, dopo le possenti bordate del cyberpunk, è, in quelli che vengono ritenuti i suoi esempi più significativi, science fiction "dura", estrapolativa, tesa verso gli estremi limiti conoscitivi della scienza. Oppure avventura, evasione, fuga dal reale. Con tutte le possibili eccezioni.

Che senso può avere, dunque, riproporre la formula di Robot alle soglie del 2003? Un primo, preciso senso lo trovo in quello che per tutti questi anni mi sono sentito dire da tanti amici, appassionati, scrittori, fanzinisti: ci manca una Robot. Le riviste telematiche (come Delos, Intercom, IT) saranno anche bellissime e piene di materiale, però la rivista di carta da stringere tra le mani, coccolare, fiutare, leggere a spizzichi in casa o sull'autobus... Eh, il fascino della carta non si discute. Di questo sono convinto. Poi, argomento decisivo, il benefico impatto delle nuove tecnologie: questa rivista, che per adesso è trimestrale ma non mettiamo limiti alla provvidenza, nasce come emanazione della Solid, una nuova casa editrice con robuste, annose radici in Internet. La prassi della "stampa su domanda" permette di calibrare al millimetro le tirature, di scavalcare le forche caudine dell'edicola, di rivolgersi a un pubblico estremamente mirato.

Più di così, che vuoi chiedere al fato? Come ripeto da un po' di tempo, se son Robot, fioriranno. Dateci una mano a non avvizzire.

In soldoni, al di là dell'impagabile piacere di palpare e annusare vera carta, cosa vi offriamo? Sono orgoglioso di annunciare che queste pagine parlano da sé. Abbiamo eccellenti racconti di autori italiani con invidiabili pedigree: Paolo Aresi, Vittorio Catani, Alberto Cola, Mauro Antonio Miglieruolo, Livio Horrack. La scelta degli italiani è certo dettata da ragioni economiche (per acquistare i diritti di racconti stranieri oggi si parla di cifre stratosferiche, che nemmeno ai tempi della vecchia Robot ci saremmo potuti permettere), ma è anche una scelta di campo. E, se la fortuna ci arriderà, questa rivista potrebbe diventare una nuova, rigogliosa fucina di talenti.

Di Catani e di Cola proponiamo due racconti che sono già usciti su fanzine, ma a me parevano talmente strepitosi che sarebbe stato un delitto non offrire loro una sede professionale. Sono entrambe storie estreme, postmoderne se vogliamo adottare un'etichetta di moda, e intensissime; come il racconto lungo di Livio Horrack, che è la sintesi di un suo romanzo mai pubblicato. Talmente ricco di invenzioni e idee da poter dare il capogiro. Di Miglieruolo ripresentiamo quel Circe che fu la prima storia italiana ospitata da Robot (sul terzo numero) e che diede vita a un vivacissimo dibattito sulla "pornografia" in fantascienza, come ci riferisce Catani nella sua rubrica. Chissà se oggi, nell'era delle veline e delle letterine televisive a un passo dalla nudità integrale, è ancora possibile scatenare reazioni tanto energiche... Paolo Aresi, con uno dei suoi scenari marziani, ci porta a rivivere i tempi della cara fantascienza classica. Giusto per amore d'equilibrio narrativo.