Jean-Marc Philippe
Jean-Marc Philippe
Forse sarà estate e, se lo sarà, ci sono buone probabilità che la notte sarà limpida. Sdraiata su un prato ci sarà una ragazza a guardare le stelle, mentre il ragazzo vicino a lei le starà sussurrando qualcosa all'orecchio. Lei riderà, cercando di allontanare quelle mani intente a farsi strada sotto la lunga gonna di tela. Poi una luce accenderà il cielo del nord con un sibilo. Il cavallo alzerà la testa, scuoterà la criniera e nitrirà. I ragazzi balzeranno in piedi a guardare quel bagliore. Le bocche aperte, il cuore in gola. Le loro mani si stringeranno. Niente a che vedere con le normali stelle cadenti, perché il fenomeno durerà parecchi minuti invece delle solite poche frazioni di secondo. Sembrerà piuttosto una specie di segnale. Dopodiché un'esplosione scuoterà il terreno e ci sarà un frullare di ali, come il rovesciamento di un'onda su una spiaggia. L'eco del boato lascerà il posto al frinire dei grilli e al rumore degli zoccoli del cavallo in fuga. I due ragazzi si guarderanno chiedendosi che cosa sarà stato. Di certo ci sarà un aspro odore di fumo nell'aria e a quel punto bisognerà decidere se tornare al villaggio a piedi a dare l'allarme, oppure se andare a vedere. La ragazza opterà per il ritorno, ma il ragazzo vorrà farle vedere di che pasta è fatto, che è in grado di proteggerla... C'è da scommetterci che non ci metterà molto a convincerla e i due s'incammineranno verso la direzione dell'esplosione e da cui sembra provenire l'odore di fumo.

Per forza di cose è assai più probabile che l'oggetto cadrà nell'acqua. Tuttavia non può essere escluso a priori, che potrà essere una radura erbosa, quella su cui l'oggetto terminerà la sua corsa. In questo caso forse i due ragazzi saranno i primi ad arrivare e la grossa buca fumante li lascerà pieni di stupore. La terra sarà deformata e ci sarà un'ampia zona di erba bruciata. La ragazza tirerà il braccio del suo compagno, ma lui si divincolerà e si avvicinerà per sporgersi a vedere. Il calore sarà ancora elevato e il ragazzo intuirà che qualcosa è penetrato nel terreno cadendo dal cielo. Il buco sarà profondo qualche metro e il ragazzo, attento a non bruciarsi, si metterà a scavare tutt'intorno aiutandosi con una pietra. Nel frattempo cominceranno a sentirsi voci in lontananza. Altre persone spunteranno nella radura e si disporranno intorno alla buca a vedere, mentre il ragazzo continuerà a darsi da fare. Magari qualcun altro avrà con sé una piccola vanga e si metterà ad aiutarlo, finché non avranno completamente scoperto l'oggetto. Nel frattempo tra la piccola folla ci sarà qualche sussurro. Qualche sguardo impaurito. Ad alta voce qualcuno dirà qualcosa a proposito del pericolo... che non bisognerebbe scavare... Qualcun altro gli farà eco che sono cose diaboliche, da non stuzzicare. Il brusio aumenterà e si ingrosserà come il mare all'inizio di una tempesta. Ad un certo punto un uomo anziano intimerà al ragazzo di smettere di scavare, di ricoprire la buca e di dimenticare tutta la faccenda. Il ragazzo si opporrà, prima timidamente, poi più strenuamente. Dirà che potrebbe essere un messaggio. Ma la gente non gli crederà. Avrà paura e, alla fine, molti lo prenderanno di peso e lo allontaneranno dal piccolo cratere, mentre gli altri si metteranno a ricoprire la buca e, per finire, ci faranno rotolare una pesantissima pietra sopra.

Di sicuro non è così che Jean-Marc Philippe vuole che finisca Keo, la sua creatura, e anche noi speriamo in una sorte migliore. Ma come possiamo immaginare che cosa succederà tra 50.000 anni, quando Keo, dopo migliaia di miliardi di chilometri percorsi in orbita, ritornerà sulla Terra? Come sarà il nostro pianeta? Se ci saranno ancora esseri umani ad abitarla, come si comporteranno di fronte a quest'oggetto di cui presumibilmente si saranno perse le tracce nel corso dei secoli? E che cosa potranno immaginare della cultura, dei pensieri e delle idee dei loro lontani antenati? Tutto questo è Keo e forse qualcosa di più, almeno negli intenti del suo ideatore, un artista e scienziato francese che, osservando il mondo contemporaneo, ha escogitato l'idea di tramandare ai nostri lontanissimi posteri quello che è l'umanità di oggi e, con la sua forza suggestiva, è riuscito a imporla fino a farla diventare realtà. In buona sostanza, Keo è un satellite che, lanciato entro la fine del 2005, dovrebbe restare in orbita per 50.000 anni circa, per poi tornare sulla Terra e riportare ai nostri eventuali futuri discendenti un particolare carico, di cui parleremo più avanti e che dovrebbe raccontare loro come siamo noi oggi. Va detto tuttavia che la concezione di Jean-Marc Philippe non si propone solo come uno scopo retrospettivo, ovvero di tramandare ai nostri "pronipoti" un nostalgico amarcord su noi stessi. Secondo Philippe, infatti "viviamo oggi in un mondo dove l'uomo ha, per varie ragioni, dimenticato di riflettere sulle sue azioni: i problemi della vita di tutti i giorni, lo stress del lavoro, la competizione spietata, la dispersione dell'informazione, la necessità di guadagnarsi da vivere... sufficienti ragioni per darci l'impressione che la 'cacofonia' che sentiamo nel mondo di oggi è perché andiamo alla deriva senza uno scopo..." Per Philippe, quello di oggi è un mondo fortemente dominato dalla contraddizioni, "alcuni giorni splendido e meraviglioso per il brillare delle stelle, la bellezza della Terra e della natura, il progresso della conoscenza, l'abilità della tecnologia, la nostra capacità di amare, e altri giorni cupo e triste per le guerre, gli omicidi, l'inquinamento, le differenze tra ricchi e poveri, la disparità nei livelli della conoscenza, l'ingiustizia, la tortura. [...] Eppure siamo una razza eccezionalmente piena di risorse e di talento, che ha appena cominciato a realizzare quanto piccola e delicata la Terra sia." Ed è per questo motivo che Philippe dice di aver cercato e trovato in Keo la rappresentazione fisica di una sorta di metafora in grado di essere condivisa da tutti i popoli della Terra, senza distinzione di razza, cultura, religione, età. Qualcosa che ci costringe a riflettere su noi stessi, non solo rispetto a qualcosa che va oltre la lunghezza della nostra vita, ma anche in considerazione di una durata temporale comparabile con le linee evolutive della nostra specie. Per questo è stata scelta simbolicamente una distanza nel tempo di 50.000 anni nel futuro. Perché sono proprio 50.000 anni che la razza umana ha acquisito la capacità del pensiero astratto e dell'espressione simbolica ed è presumibile che tra 50.000 anni i nostri remoti discendenti saranno "diversi" da noi in termini evolutivi, qualsiasi cosa questo possa voler significare. Insomma, Keo è la realizzazione di questa metafora, "un invito universale a riflettere, un invito a ognuno di noi a imparare di più sugli altri, un invito a sognare il mondo e il destino della nostra specie umana..."