La patafisica di PK

"Io non sono uno scienziato, ma uno scrittore che, volendo esporre uno sviluppo scientifico, si è sottoposto a una disciplina letteraria."

Non è PK a parlare, ma Ceram, il noto divulgatore d'archeologia, citato da PK in un altro dei suoi editoriali (Pi Kappa # 4, anno II, aprile 1973). E il nostro aggiunge: "Non è allineando un reperto accanto all'altro, etichettandoli, disponendoli in bella vista nelle vetrine dei musei o nelle pagine di pretenziosi volumi che si può ricostruire, sia pure a grandi tratti, la storia dell'umanità."

PK è stato sempre critico nei confronti di un certo modo accademico di intendere la ricerca ("parrucconi di tutte le discipline,rintanati nel loro sterile scetticismo" dice in Non è terrestre), soprattutto l'interpretazione dei reperti archeologici e del nostro passato. Egli vedeva nella preistoria una cornucopia di enigmi fantastici, nella scienza cercava l'avvenirismo, nella fantascienza intuiva una premonizione. Allineava così miti, fatti inspiegabili (ma non per questo sovrannaturali, verrebbe da aggiungere), premonizioni scientifiche nell'antichità, brani di libri scomparsi nel rogo della Biblioteca d'Alessandria e citati di seconda o terza mano, affondava il suo intelletto ipereccitato nella bizzarra bibliografia prodotta oltre la Cortina di Ferro (e Carl Sagan notava l'estremo interesse dei politici e burocrati sovietici per le teorie dell'archeologia spaziale nel suo Broca's Brain, "forse perché preserva vecchie concezioni religiose all'interno di un accettabile moderno contesto scientifico" - spiegazione facilmente adattabile alle filosofie New Age di fine millennio). Viene alla mente quel bizzarro personaggio, nel vecchio sceneggiato TV Belfagor, che conservava, all'interno di latte di pomodoro e fagioli, fogli di giornali arrotolati che riportavano tutti i fatti misteriosi che capitavano sul pianeta, o Charles Fort, che collezionava articoli di giornale che si riferivano a uragani di sangue o piogge di rane e di oggetti metallici.

Per questo riteniamo che PK rientri a pieno titolo nella categoria dei patafisici, sia pure involontari. Dove la patafisica, secondo il futurista Enrico Baj, è la scienza del particolare e delle leggi che governano le eccezioni, poichè si pone come scienza delle soluzioni immaginarie. E' dunque scienza del possibile, che nega attraverso l'atto immaginativo la schematizzazione legalitaria della scienza, e quindi è un'energia libertaria, anarchica.

Ora, ogni scienza lavora per modelli, per schemi. Non si preoccupa dell'evento singolo, ma di classi di eventi (per questo la fisica quantistica risulta così ostica al senso comune, in quanto rinuncia a occuparsi dei singoli fenomeni, per i quali elabora solo statistiche, limitando il suo determinismo alla legge fondamentale). Dunque una scienza delle eccezioni è una contraddizione in termini. Ma gli eventi singoli, le bizzarrie, le mostruosità scientifiche o casuali sono il brodo primordiale da cui nascono le teorie di PK: teorie meravigliosamente improbabili per non dire assurde, proprio in quanto pretendono di spiegare coerentemente fatti tra loro slegati, per i quali non esistono spiegazioni o, se esistono, sono quelle "accademiche" così poco immaginifiche agli occhi del nostro.

E' sbagliato pensare che PK si sia occupato solo di archeologia spaziale o di ufologia: l'esobiologia è un altro dei suoi interessi, e così la psicanalisi e l'astronomia. Ma il suo senso del bizzarro si applica anche a discipline così apparentemente canoniche, di esse cerca il lato mostruoso o estremo, un po' come gli scienziati del rinascimento, sempre in bilico tra ragione e magia. Un moderno Giambattista Della Porta o Athanasius Kircher, insomma. A questo proposito, vale la pena di citare il sarcastico commento che Torricelli fa a Galilei a proposito di un'opera di Kircher, commento che potrebbe valere per uno qualunque dei libri di PK, a nostro parere sostituendo la venatura sarcastica dello scienziato con quella affascinata del poeta: "Sentirà astrolabii, horologi, anemoscopi con una mano poi di vocaboli stranissimi. Fra le altre cose poi vi sono carraffe e carraffoni, epigrammi, distici, epitaffi, inscrittioni, parte in latino, parte in greco, parte in arabico, parte in hebraico, et altre lingue. Fra le cose belle vi è in partitura quela musica che dice di essere antidoto del veleno delle tarantole. Basta: il signor Nardi, Maggiotti et io habbiamo riso un pezzo."