Era il 2009.

L’anno del terremoto dell’Aquila, e del disastro ferroviario di Viareggio, della scomparsa di Michael Jackson e della conclusione del caso Eluana Englaro, ma anche quello dell’elezione e del premio Nobel a Barack Obama, premio che gli venne assegnato il 10 dicembre, e otto giorni dopo, in quello che poi verrà ricordato come un dicembre particolarmente nevoso e ghiacciato, uscì Avatar.

James Cameron, dopo aver iniziato a sperimentare nel documentario Ghosts of the Abyss (2003) il sistema reality Camera 3d per IMAX che gli permetteva di sostituire la pellicola con il digitale in modalità HDTV e contribuendo alla messa a punto del sistema costruito per lui dal tecnico Vincent Pace decise che non avrebbe più girato film in pellicola e si lanciò nell’avventura di rendere il 3D la nuova frontiera dell’intrattenimento cinematografico. In sei anni venne approntato il sistema 3d Fusion Camera mentre grazie ad un’altra megaproduzione, la Trilogia del Signore degli Anelli, nasceva una nuova casa produttrice di effetti speciali, la Weta Digital, e la congiunzione di tutto questo fece sì che Cameron potesse portare sullo schermo la sua avventura ambientata sul pianeta Pandora.

Ricordo bene quando andai a vederlo con un gruppo di amici. Biglietti acquistati in prevendita, poltrone ultra confortevoli, sala dotata della giusta tecnologia, indossammo gli occhiali e ci trovammo catapultati sul pianeta Pandora.

Il film fu un evento, paragonabile all’altra grande produzione di Cameron: Titanic. Diventò il film a maggior incasso della storia (primato prima perso e poi riconquistato), insomma una pietra miliare del cinema, almeno così sembrò per qualche buon mese.

Al film seguì un fitto merchandising tra cui anche i giochi da consolle. All’epoca era in voga la Nintendo Wii per la quale venne sviluppato un gioco che permetteva a chi avesse la pedana/controller di volare sui draghi di pandora dirigendoli con il peso del proprio corpo.

C’erano parodie negli show, comics, e una vera inflazione di meme dedicati ad Avatar.

Qualcuno iniziò anche a chiedersi se ci sarebbe mai stato un sequel, ma la risposta, come dire, si perse nel vento.

Nel frattempo si stavano preparando grandi eventi nel campo dei blockbuster che nessuno poteva immaginare: Lucas stava per vendere a Disney, che a sua volta acquistava anche la Marvel, aprendo l’era del ritorno di Star Wars, nonché quella dei cinecomics (nel bene e nel male per entrambi le serie).

Avatar, dal canto suo, diventò l’immagine sfuocata sullo sfondo, il momento di una grande esperienza collettiva che avevamo condiviso e nulla più.

La storia, se la ricordate, è uno dei topoi classici, e forse la sua migliore definizione fu: “Balla coi lupi in versione spaziale”. Abbiamo il soldato colonizzatore che si lascia travolgere dai nativi locali fino a diventare uno di loro e guidarne la rivolta per ricacciare indietro l’invasore.

Il protagonista era Sam Worthington, un attore di media grandezza il cui ruolo più di spicco fu proprio quello in Avatar (un sentito ringraziamento a Matt Damon che rifiutò il ruolo perché Cameron gli offrì “solo” il 10% del valore potenziale del film, cosa della quale il buon Matt ancora si pente) affiancato dalla “Grande Vecchia” Sigourney Weaver e da Zoe Saldana che entrò nell’universo del fantastico per poi diventare Uhura in Star Trek e Gamora per il Marvel Comics Universe.

A ripensarci ora, quel film gigantesco, immersivo e totalizzante sembra davvero lontano nel tempo e nello spazio e il fatto che Cameron abbia scelto il 2022 per riportare tutti su Pandora (pare) in ben quattro film, distanziati nel giro di otto anni non ha ricevuto forse tutto l’hype che avrebbe richiesto o necessitato.

Tutto sommato però sembra che a Cameron interessi poco, visto che nei dodici anni che separano il primo Avatar dal nuovo episodio non ha fatto altro che sviluppare il proprio progetto.

Un atteggiamento che riporta a quello di George Lucas e Ridley Scott nei confronti delle loro due saghe: Star Wars e Alien. Non dimentichiamo che accanto a loro, nella triade delle nuove saghe degli anni 90, ci fu proprio Cameron con Terminator, e mentre Lucas si prendeva tutta la responsabilità della seconda trilogia, Scott vedeva passare la sua creatura di mano in mano per poi riappropriarsene esattamente come ha cercato di fare Cameron con Terminator, ma nessuna di queste saghe ha prodotto poi storie memorabili.

Cameron e Lucas, però, non sono mai stati esclusivamente dei registi. Il loro interesse è andato anche al miglioramento tecnologico del cinema ed è in quest’ottica che Cameron si è concesso di impiegare più di dieci anni per affinare la tecnologia con la quale ci verranno offerti i nuovi episodi, anche questi, ormai, componenti della galassia Disney, dopo l’acquisizione della 20th Century Fox.

Quando uscimmo dalla sala, alla fine di Avatar ricordo che eravamo soddisfatti di aver assistito ad una storia semplice, con i buoni che trionfano, e anche di sentirci sopraffatti dalla spettacolarità del film che avevamo appena visto. Insomma non era un film d’essai, ma aveva ampiamente assolto al proprio compito.

È molto probabile che sia così anche questa volta. Ed è imprescindibile che tutto questo avvenga in una adeguata sala cinematografica.

Su tutti noi, compreso il gruppo di amici con cui vidi Avatar, sono passati anni pieni di eventi, e di sicuro gli animi sono cambiati, la domanda è (sempre che siate interessati all’argomento): un film come Avatar può ancora funzionare oggi?

L’impressione è che, almeno per questo primo nuovo episodio, non potremo saperlo se non andremo al cinema.