30 km a Nord di Delaram, nella provincia di Farah, Ovest dell'Afghanistan

Ultimo giorno del Ramadan, il mese della rivelazione coranica secondo la tradizione dell’Islam, il mese del digiuno per i musulmani osservanti.

Già, il digiuno: costituisce il terzo dei Cinque pilastri dell'Islam e infrangerlo sarebbe kāfir, empio. L’effetto pratico è che da quasi un mese i poliziotti della forza di sicurezza locale sono stanchi e svogliati più del normale e di conseguenza i carabinieri incaricati del loro addestramento sono ancora più nervosi ed esasperati.

Ma in Afghanistan questa è la regola, non l’eccezione.

Ora di punta sulla strada che porta al mercato del villaggio di Bala Boluk: il traffico – vecchi camion russi, carretti trainati da somari, pick-up di miliziani, una corriera stracarica di passeggeri – è impazzito.

Ma in Afghanistan, non bisogna mai avere fretta.

Il convoglio militare, composto da unità del reggimento di paracadutisti affiancato dal personale del reggimento bersaglieri, avanza lentamente a bordo di tre veicoli Lince.

Sta scarrozzando una troupe di giornalisti in un giro “turistico” per mostrare il processo di pacificazione della provincia.

Quella bici abbandonata sul ciglio della strada attira l’attenzione del mitragliere sul primo veicolo.

È seduto in torretta, la sedia della morte, come la chiamano in gergo i soldati.

Vede la bici e le due borse appese al portapacchi.

L’automezzo passa oltre.

Poi è l’inferno.

Il Lince è un blindato costruito per fornire un elevato livello di sicurezza contro il fuoco delle armi leggere e la deflagrazione delle mine.

È stato progettato proprio per quest’evenienza: in caso d’esplosione l’onda d'urto sprigionata si propaga verso i lati, mentre l'abitacolo resta protetto dalla blindatura e dal parafiamma.

Così, nonostante l’ordigno sia potente e riesce a rovesciare sul fianco il secondo veicolo del convoglio, i suoi occupanti ne escono fuori indenni.

Non va altrettanto bene agli altri mezzi civili. E nemmeno ai passanti inermi.

Sulla strada si scatena il panico: fumo e fiamme, urla straziate e sangue.

Verrebbe da dire che nemmeno in Afghanistan ci si abitua veramente alla guerra.

Arrivano colpi d’arma da fuoco: fucili automatici e la scia di un razzo RPG che manca d’un soffio il convoglio per deflagrare su una collinetta di fango poco oltre.

È allora che succede.

Un bagliore fortissimo lo preannuncia: dal cielo limpido e azzurro discende una sorta di cilindro luminoso e al suo interno si delinea una sagoma bianca, prima vaga, poi sempre più distintamente umana.

Tutto sembra congelarsi sulla strada.

Dalla colonna di luce scaturiscono dei raggi rossi, intensi, che vanno a colpire un muro di cemento incidendovi uno sfrigolante messaggio.

Pochi per la strada sanno leggere, i soldati italiani non conoscono certo l’arabo, ma qualcuno degli assalitori – del resto talebano significa studente della scuola coranica – riconosce il termine: “As-Salâm”.

Pace: è uno dei novantanove nomi di Allah.

L’attacco termina, lasciando sulla strada civili straziati, giornalisti terrorizzati e soldati perplessi.

Ma le voci corrono rapidamente in Afghanistan e il filmato della troupe televisiva farà il giro del mondo…

Parco nazionale dell’Hazarganji Chiltan, Pakistan.

L’uomo vestito di bianco è stanco e ammalato.

Si è fatto lasciare da solo per pregare nel deserto roccioso.

Nervose, le sue fedeli guardie del corpo hanno ubbidito, ritirandosi sotto la tenda di un pastore, giù nella valle; attenderanno il calar del sole per mangiare e bere.

L’uomo ha steso un liso tappeto e sta pregando: “Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il suo messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità.”

Quante volte ha ripetuto questo verso del Corano per incitare gli apostoli alla Jihad, la guerra santa?

Una guerra ancora aperta, ma che il satana americano, con tutta la sua potenza, non ha potuto vincere.

Indifferente ormai alla lunga scia di sangue, egli disprezza il misticismo sufi, per cui la jihâd-ul-akbar è solo la Grande Guerra Santa che viene combattuta contro il proprio «io» interiore per sopraffare le umane debolezze e i desideri peccaminosi.

Si è alzato il vento: l’aria limpidissima rende ancora più tagliente il profilo delle montagne e permette allo sguardo di spaziare per decine di chilometri.

Ecco il tramonto.

L’uomo estrae un dattero – così vuole la tradizione – da una sgualcita borsa di tela grezza.

Poi si avvede di qualcosa.

Non fa in tempo ad afferrare il kalashnikov: una luce che acceca discende dal cielo.

Il dattero cade a terra, quasi al rallentatore.

… È giorno fatto quando l’uomo ritorna all’accampamento per raccontare della sua visione, ma i suoi compagni sono reticenti ad accettare il messaggio di cui è testimone.

– Il primo compito dell’Arcangelo Jibril è di portare messaggi da Dio ai Suoi messaggeri!

– Si, ma se ti fossi sognato tutto?

Ancora la parola “se”.

Il dubbio è tangibile persino nei suoi uomini; come reagiranno allora i mufti che combattono da una vita gli stranieri occidentali e i loro costumi immorali?

È una grande ironia: lo sceicco guerriero convertito al pacifismo come San Paolo sulla via di Damasco!

Ma se fosse veramente questo il volere di Dio?

Si rivolge al vecchio capo della tribù che li sta ospitando: – E tu che ne pensi?

- Non so cosa consigliarti. I talebani però riconoscono i sogni come mezzo di rivelazione…

Una madrasa clandestina nella zona di Herat, Afghanistan

– “Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi miscredenti ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati.”, questo dice il quinto versetto della nona sura…

L’ulema sta recitando il testo sacro, sordo nella sua ostinazione che lo porta a respingere ogni tentativo di interpretazione coranica che non sia nella linea della più conservatrice tradizione culturale islamica.

Questa è l’essenza dei talebani, ostili alle modernità e feroci nella repressione degli oppositori.

– …E la sura 47 dice al versetto 35: “Non siate dunque deboli e non proponete l'armistizio mentre siete preponderanti.”

Oggi pero la lezione d’odio è destinata ad essere interrotta.

Come sempre più frequentemente sta capitando negli ultimi giorni, in tutto il paese e, si dice, anche nelle

altre nazioni islamiche, un raggio attinico incendia la notte e una figura trasfigurante appare per lasciare il suo fiammeggiante messaggio di conversione scolpito nella roccia.

I suoi studenti sono corsi tutti di fuori per vedere il miracolo.

Campo da basket della Casa Bianca, Washington, un mese prima

– È una follia!

– No, se vuoi veramente porre fine a questa guerra.

I due uomini stanno giocando a basket, uno contro uno.

– Non mi perdoneranno se ci facciamo sfuggire Bin Laden ancora una volta.

– Ragiona, sei ad uno stallo: o dai retta ai militari e invii in Afghanistan altri quarantamila soldati e

politicamente sei sconfitto o non glieli concedi e allora perdi la guerra.

– Si, ma negoziare con i talebani, con Al-Qaeda!

– Non negoziare: convertirli.

– Rispiegami ancora una volta la cosa.

I due uomini si fermano in mezzo al campo come a riprendere fiato, ma il Presidente degli Stati Uniti non smette di palleggiare rumorosamente.

– Allora, questo lo sai anche tu: la tecnica olografica si basa sul fenomeno dell'interferenza ottica. La luce proveniente da un laser viene divisa e i due raggi risultanti sono convogliati mediante specchi; alla fine i due fronti d'onda interferiscono e l’immagine che ne risulta è l'ologramma. Con il prossimo lancio di test del vettore Ares possiamo posizionare in orbita i tutti satelliti.

– Quello che meno mi convince è la faccenda dell’angelo.

– Arcangelo – l’uomo fa un sorriso – i musulmani credono che Gabriele sia il messaggero che discenderà sulla Terra nella “notte del destino”, alla fine del mese sacro di Ramadan. Chi meglio di lui può portare un messaggio di pacificazione ai musulmani di tutto il mondo? Abbiamo la tecnologia per farlo e, come diceva quello scrittore inglese: “Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”, o dai miracoli.

– Ma possiamo mai vincere la guerra all’integralismo grazie ad un effetto speciale e con un falso messaggero celeste che li converta al pacifismo?

– Preferisci forse la guerra e l’inevitabile sconfitta?

Città di Kandahar, Afghanistan

Ormai il Ramadan è giunto alla fine e nelle famiglie si celebra la “Id al-fitr”, la "festa dell’interruzione".

Nonostante la stagione autunnale sia alle porte il clima è stranamente bello e caldo.

Forse per la prima volta nella storia dell’Afghanistan, ogni famiglia ha invitato un soldato straniero per cenare insieme all’insegna dell’ospitalità.

Certo, le donne indossano ancora il burqa tradizionale e mangiano in una stanza separata – alcune cose non cambieranno così in fretta, dopotutto questo è l’Afghanistan – ma è un inizio.

Stanza Ovale della Casa Bianca, Washington

Il mondo è ancora stupefatto mentre osserva il Presidente siglare, in diretta televisiva, l’ordine di richiamo in patria delle forze militari americane.

Nulla di ciò che è veramente successo trapela dal sorriso “delle grandi occasioni”; è pur sempre un politico e con questo clamoroso colpo di scena si è garantito il suo secondo mandato.

Nulla traspare dunque e nulla si dovrà mai sapere anche se, in fondo, è un peccato non potersi prendere il pieno merito all’operazione “Arcangelo”.

Il Presidente sorride e ha un ultimo pensiero ironico prima di concentrarsi sul suo discorso ufficiale: per una volta tanto le disposizioni di segretezza assoluta del “Patriot Act” emesso dal suo predecessore si riveleranno utili alla pace planetaria.

Com’è che dicono gli arabi?

Ah, si: “Inshallah”.

E, in fondo, chi può saperlo: forse si è veramente compiuta la volontà di Dio.

Se è proprio questa l'ora di alzare la mia lanterna, non è mia la fiamma che vi arde.

Vuota e buia alzerò la mia lanterna,

Ed il guardiano della notte dovrà riempirla d'olio e dovrà anche accenderla.

Queste cose egli disse con parole.

Ma nel suo cuore molto restò taciuto.

Perché egli stesso non poteva esprimere il suo segreto più profondo.”

(Gibran, Il profeta)