Mi avvicino col cuore che si stringe a ogni passo. Voi, cari lettori, non potete immaginare cosa David Bowie abbia rappresentato per me negli anni dell'adolescenza. Musica, certo, ma anche fantascienza, io che mi considero figlia delle stelle perché i miei genitori si sono conosciuti grazie ai vecchi Urania Mondadori.

Ogni passo si fa più pesante e arrivo al Mambo di Bologna  ultima tappa europea della mostra David Bowie Is. Ci sarà tempo di ammirarla sino al 13 novembre 2016.  http://davidbowieis.it/

La giornata è assolata e tutto intorno a me ride di gioia, il sole, la città e gli amici che mi accompagnano. Alcuni enormi poster telati ritraggono momenti salienti dell'artista e quel fotogramma in bianco e nero è indiscutibilmente l'inizio del mio viaggio nella fantascienza: L'uomo che cadde sulla Terra

Entriamo e subito so che la mostra inizia diversamente da come è nata: l'annuncio della morte del grande artista. Un cartello breve, ma carico di significato. Vita e morte, un cerchio che si chiude.

Si viene catapultati immediatamente nel percorso di crescita di un giovane David Jones, la famiglia, ciò che ascoltava, dove abitava, tutto interessante, appassionante, ma la corda che più vibra in me è quella futuristica, fantascientifica e presto siamo nella saletta dedicata a Space Oddity

Dall'ambiente completamente nero della sala precedente si accede a uno spazio immerso nel bianco, la porta d'accesso ha un'architrave obliqua con un'angolazione azzardata. Sul lato sinistro della stanza una teca simile all'enorme monitor dell'astronave Enterprise di Star Trek proietta il video di Space Oddity, accanto giocattoli a molla in latta a forma di navette spaziali tipici di quell'epoca. Sotto il video gli spartiti e gli schizzi originali che Bowie stesso disegnò per il progetto. La foto della Terra vista dallo spazio, Sorgere della Terra, del 1969. Un'epoca di scoperte, di speranze, di stranezze.  Sul lato destro, esattamente di fronte al video, una tuta spaziale appesa in bella vista. La tuta è verde militare con piccoli dischi volanti  e dei disegni antropomorfi. La tuta è un simbolo: creata da Willy Brown e indossata da Bowie esattamente dieci anni dopo, nel 1979, decreta la fine del sogno spaziale, inizia la critica a quel Maggiore Tom perso nello spazio e sprofondato negli abissi più tetri.

Una stanza bianca, piccola, semplice, eppure così carica di significati. David Bowie is floating in a most particolar way, recita la scritta sul muro.

Un poco frastornata dall'emozione esco per imbattermi in un gigantesco schermo che proietta incessantemente Star Man tratto da un concerto di Ziggie Stardust and The Spiders From Mars

Chiunque abbia dei dubbi sul forte legame di Bowie e la fantascienza a questo punto ha praticamente tutte le risposte.  Nella sala alcuni elementi interessanti quali foto Kirlian che Bowie si fece fare a un dito prima e dopo aver assunto cocaina. Una didascalia recita “Bowie  astronauta dello spazio interno come direbbe Ballard”.  

Il viaggio si fa sempre più avventuroso. Nella sala centrale una spirale di libri ondeggia sonnacchiosa dal soffitto, Bowie è stato un grande lettore e partecipò alla campagna “Read”. Costumi di scena, testi, prototipi di Hunger City, il poster di Metropolis di Fritz Lang. Bowie fa suoi innumerevoli testi tipici della fantascienza classica e li riporta sulla scena, nella musica.

Arriviamo alla sala dedicata alla cinematografia dove ritrovo L'uomo che cadde sulla Terra che più di ogni altra cosa mi ha fatto apprezzare questo artista. Mimica, espressioni: un alieno “Straniero in terra straniera” che lotta disperatamente per una via di salvezza per i propri cari. Il romanzo di Walter Tevis raggiunge una dimensione onirica nel film di Nicolas Roeg e Bowie dà una magistrale prova di bravura. 

Infine, quasi a termine mostra, su una parte bianca viene proiettato Life on Mars. Non sono obiettiva perché è la mia canzone preferita e il cuore cede un battito, una lacrima spunta. Fortunatamente ho amici cari che mi sostengono, ma neppure loro immaginano che se sono diventata scrittrice è stato per ispirazione di Bowie ben trent'anni or sono.  Un capitolo si chiude, ma se ne apre uno nuovo. C'è vita su Marte? Lui, con il suo completo blu e quel trucco assurdo, lui, la cui carriera è stata costellata da migliaia di riferimenti fantascientifici e distopici, lui è diventato un Uomo delle Stelle e adesso ci guarda da lassù e ci sorride.

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