Ripensava spesso al Monte Olimpo marziano, alla fatto che non ne avrebbe mai calcato le pendici. L’umanità ormai aveva rinunciato all’esplorazione spaziale, preferiva seguire i comandamenti di un assurdo profeta.Gli antichi esseri umani, vedendo i fulmini cadere dal cielo, vollero credere che tra le nubi vi fosse un dio adirato che li scagliava a terra. Oggi, scoprendo un ostacolo ai viaggi spaziali, che poteva avere chissà quale spiegazione, gli esseri umani avevano voluto credere a un guinzaglio divino che li obbligava all’immobilità.Aprì la finestra. La spalancò, si sporse fino alla cintola. Il suo corpo era Marteformato, doveva vivere nello spazio, calpestare polvere arrugginita, non passeggiare tra orti botanici e giardini pensili.

Si sporse ancor di più, allungando le mani, voleva strappare quel panorama, quel deprimente fondale.

– Finch!

Qualcuno lo aveva chiamato. Si ritrasse e subito si riaffacciò. Vide un uomo, di sotto, che salutava.

Era Baj.

Quando entrò nell’ufficio, il vecchio non aveva il solito aspetto da pendolare metropolitano. Pareva ringiovanito di vent’anni. Tra le mani stringeva un grosso incartamento.

– Dov’eravate sparito, professore?

– Mi sono preso una pausa di riflessione. E tu, caro Finch, pensavo ti fossi stabilito sulla Luna. Un marteformato come te starebbe meglio lassù, la gravità terrestre potrebbe nuocerti.

– A far cosa sulla Luna? A lavorare in una miniera di Ilmenite con gli altri marteformati?

– No, non in miniera. Sono qui per proporti un lavoro diverso, adatto al tuo corpo e al tuo spirito. Un lavoro in incognito, che intendo proporre anche ai “minatori”. – Sorrideva. – Sei mai stato sul lato nascosto della Luna?

I suoi occhi brillavano di un fanciullesco, travolgente sense of wonder.