Quando la città fu ormai lontana alle loro spalle, Pierpa’ escluse il satellitare inserendo la guida manuale. - Vede? - disse al dottor Kibwa accanto a lui - se non altro qui ci si può divertire -. Prese a muovere su e giù lo sterzo, imprimendo al mezzo una traiettoria ondeggiante, per il puro gusto di farlo. Kibwa sorrise: - Attenzione, la polvere può farci slittare!.

E polvere ce n’era in quantità. L’antico rettilineo d’asfalto che tagliava il panorama pugliese era praticamente sepolto sotto uno strato di grani infinitesimali color ocra. A destra il paesaggio desertico si sollevava nell’interminabile muro d’una collina della Murgia color ocra; a sinistra c’era la piana brulla, confusa, della medesima tinta. Anche il cielo era d’ocra, per le polveri sollevate da un vento infuocato durato giorni ma caduto da qualche ora. Sull’orizzonte pendeva il disco del sole al tramonto, contagiato da un innaturale riflesso di rame.

- E ogni volta i ragazzi, la gente, dovevano affrontare tutto questo tragitto? - disse il dottor Kibwa.

Pierpa’ notò che anche la pelle scura di Kibwa, colpita dai raggi solari, rimandava un alone ramato. Disse: - Be’, erano altri tempi. Si era pensato di creare un Centro Botanico distante dall'agglomerato urbano proprio per sottolinearne la diversità, insomma per evidenziare le peculiarità della campagna. Sa, i giovani tendono a rimescolare le differenze.

Seguì un lungo silenzio, rotto dal sibilo del motore a idrogeno della Land Rover. Ora si erano stabilizzati sui centoventi orari; le grandi ruote erano modellate su quelle dei caterpillar lunari e avevano una presa eccellente proprio su pietre e polveri. Il paesaggio continuava a sfilare talmente uniforme da sembrare immobile. Pierpa’ inserì una colonna sonora euforizzante ricca di ritmi spezzati e note isolate che si accendevano e spegnevano come punti luminosi. - Dieci minuti e arriviamo... Dura, la vita dell’Ispettore ambientale, eh, dottore?.

- Direi di sì, egregio amico. Ma ormai temo si tratti d’un mestiere in via di estinzione. Nei miei diciotto anni di attività io....

- Ehi... - esclamò Pierpa’ rallentando bruscamente, e il dottor Kibwa ebbe un soprassalto in avanti. -... guardi là!.

Il rettilineo era interrotto da una massa bassa e bruna che tagliava il paesaggio frontalmente, come una barriera di fitto filo spinato. - Accidenti, dev’essere....

- Vegetazione - concluse per lui Kibwa. - Ormai siamo in primavera, no?.

Pierpa’ proseguì quasi ad andatura d’uomo. Giunsero a cinquanta passi dalla barriera. - Scendiamo, il Centro Botanico non disterà più di duecento metri. Dovremo aprirci la strada a piedi.

Uscì dalla vettura, dal bagagliaio tirò fuori alcuni attrezzi: due machete, una pistola elettrica, un rotolo di corda, due caschi, due occhiali protettivi. Scese anche Kibwa, portando con sé una borsa. Gli mise in mano un machete, il casco, gli occhiali. - Muoviamoci.

Giunsero alla barriera: era intricata e da vicino appariva immobile, ma Pierpa’ sapeva che era un’illusione. Col machete tagliò di scatto due rami, e spinse verso l’interno col proprio corpo. La massa parve cedere. - Mi segua! - esclamò. Entrarono.

Pochi passi, e pareva che fossero in un altro mondo. Si diffuse un odore umido, violento, soffocante. Attraverso il fogliame, in alto, gli spicchi di cielo non sembravano più color terra ma rossi. Qualcosa si mosse, Pierpa’ sparò con l’elettrica. Un fusto verde luminescente scese dall’alto e tentò di attorcigliarsi al braccio destro, Kibwa lo tagliò in due con un colpo e disse: - Uhm, interessante... sembra un incrocio tra un ramo d’olivo, un’insettivora, e una pianta grassa. -  Pierpa’ guardò il pezzo di appendice tagliato: - Può darsi - convenne, - difficile dirlo a occhio. C’è anche del Dna di piante infestanti. Per decifrare il rimescolamento genetico tra la flora originaria di questo sito e gli ogm, impiantati o sparsi dal vento e dagli insetti nei decenni, occorrerebbe un laboratorio... Ma ormai abbiamo rinunciato da tempo alle analisi e alle classificazioni. Le mutazioni sono troppo vertiginose.

Continuarono ad aprirsi la strada, lentamente. Intorno i colori stavano variando. Pierpa’ vide corolle di fiori grossi e carnosi, d’un giallo intenso. Dall’alto giunse un suono secco: una sorta di pollone era esploso, cadde una pioggia appiccicosa di gocce sanguigne e violacee. Cominciò a soffiare, fischiando tra i fusti, una brezza calda, anzi infuocata. - Maledizione - esclamò Kibwa grondante, ignorando un attimo il suo aplomb - se lei mi avesse avvertito avrei portato la tuta!.

- Non lo immaginavo - rispose Pierpa’ rabbuiato. - Quest’anno la primavera mi sembra molto peggiore dell’anno scorso. Da qui intravvedo un’uscita... - Ansimante, deviò verso uno slargo. Qualcosa di simile a una mandibola con aguzzi denti di spine tentò di chiudersi su un avambraccio, lui si ritrasse gettando via il rotolo di corda e con l’elettrica vomitò un fulmine accecante.