Tutto ciò che ami un giorno ti respingerà o morirà.

Tutto quello che hai creato un giorno verrà gettato via.

Tutto quello di cui sei orgoglioso finirà in immondizia.

Chuck Palahniuk, Fight Club

Setto lo zoom a 10x e la osservo dal picco di Colle Vasto, una delle colline su cui passo le giornate a frugare tra cumuli di spazzatura. Nelle pause per rifocillarmi e ogni volta che non sento più le dita dalla fatica, sprofondo nel sedile da pilota e estraggo il binocolo militare dalla tuta.

Alba se ne sta dietro la vetrina dei Cieli Boreali, a duecento metri di distanza, e non si accorge di nulla mentre sceglie una crociera volante per clienti indecisi o un’escursione romantica a coppie desiderose di salvare la loro relazione.

Aumento lo zoom a 13x: le sue unghie d’avorio sfogliano i depliant con tanta grazia che mi pare assurdo come quella stessa carta, impreziosita dal suo profumo, il Revirging, possa finire qui, tra le mie mani lerce di schifezze.

Eppure è la stessa materia organica.

Eppure mi vergogno a entrare nei Cieli Boreali, catalogo deforme alla mano e mostrarle il viaggio che vorrei fare. Insieme a lei.

Il profumo che resta attaccato alla carta non viene cancellato così presto dalla palta.

Mi sento chiamare dal basso.

– Peter! Vedi di darti una mossa o ti rimuovo dal turno di oggi.

Ai piedi della collina, il caposquadra reclama il mio tempo. Lo ignoro, perché tanto non ho molto da perdere. La paga giornaliera, un misero K, non è niente di cui sentirò la mancanza. Al contrario, la visione di Alba, nella divisa dell’agenzia di viaggio e il cartellino argentato con su scritto il nome, non ha prezzo.

I capelli colorati con l’henné, raccolti in una coda, le danno un’aria socievole con cui sa convincere chiunque a prendersi una vacanza invece di restarsene a casa in compagnia dei rimpianti.

– Ti ho detto di muoverti! Al prossimo richiamo vedi che salti il giro di paga.

Per oggi posso ritenermi soddisfatto. Nello zaino ho un blister mezzo pieno di pillole di Mentax non scadute e del tabacco Ecorette da rivendere a Junkland.

Infilo il binocolo nel marsupio, scendo dal sedile e proseguo zoppicando per una stradina fangosa fiancheggiata da pile di televisori, scocche di computer, monitor sfondati e schede annerite. Mi immergo in una nube di cenere punteggiata di verdi e ambra – le schegge acuminate dei circuiti stampati.

La cortina di fumo non proviene da un unico incendio, ma da tante colonne di vapore che si alzano dalla cintura dei fuochi.

Decine e decine di figure si muovono e si agitano nella foschia acre.

C’è chi raschia materiali, chi setaccia pattume e chi attizza le fiamme; di solito è Rasha il fuochista oppure Norbert al posto suo. Gli altri della squadra, Duggan e Pongo raccattano e portano via a braccia grovigli di cavi multicolori: siamo noi i facchini di Colle Vasto.

Mi copro il naso con la maglietta e mi avvicino a Rasha, un bambino poco più in carne di me, a cui piace giocare con il fuoco. Ogni giorno indossa un turbante diverso con cui si protegge i polmoni. Ho smesso di portare la mascherina l’anno scorso.

È stato lui a dare fuoco alla scuola. Per sbaglio, ci tiene a sottolineare Rasha. Ora bada ai falò con maggior giudizio.

Con aria assorta, ipnotizzato dalle lingue di calore, dà un colpo col bastone ai due fuochi che sta attizzando insieme, poi si china e sparisce nel vortice di fuliggine. Quando ne riemerge, dallo pneumatico che usa come combustibile estrae un rotolo di filo di rame e lo bagna in una pozzanghera: il risultato è la sua paga giornaliera.

Nell’aria c’è puzza di una miscela di sostanze che ci pioveranno in testa, magari non a noi, ma a quelli a nord di Cali Nova. Se solo il Tuwim alitasse in quella direzione…

Ora Rasha può consegnare il metallo di recupero al caposquadra che lo porterà alla ricicleria. Se gli va bene, ci tira fuori un K. Gli poggio la mano buona sulla spalla e lui ricambia. Nel nostro mestiere è meglio non aprire bocca per salutarsi.

Non provo neppure a riscuotere la paga e imbocco il pendio scosceso in direzione dell’uscita, sul lato del fiume Akeren.

Forse mio fratello avrà un lavoretto per me, più tardi.

Charlie ha fatto questo mestiere prima di me e mi ha raccontato che gli abitanti della megalopoli, finché è stato possibile, hanno preferito mantenere i rifiuti “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”.

Oggi è diverso. Oggi ognuno ha la palta che si merita.

La municipalità ha vietato la spedizione e la vendita di immondizia altrove, per cui ognuno deve arrangiarsi come può oppure viverci nel mezzo. Per questo sono nate le UPU — Unità Pulenti Urbane — cassoni automatizzati col compito di promuovere il riconsumo.