Da molto tempo si era capito che un'astronave a propulsione chimica spesso non era il modo migliore, e di certo non era il più economico per inviare materiale nello spazio. L'ascensore si era dimostrato il massimo possibile della praticità e dell'economia: in pratica non consisteva in altro che in un cavo lungo migliaia di chilometri ancorato da un lato al terreno, dall'altro a un satellite geostazionario (o si sarebbe dovuto dire venus-stazionario?). Da qui le navette che non dovevano sobbarcarsi lo sforzo e il consumo di carburante necessari per staccarsi dalla superficie del pianeta, facevano la spola verso la Luna, avida di riserve alimentari e carburanti, di tutto, mentre gli uomini stavano trasformando l'antico satellite del loro pianeta natale in una mega-astronave interstellare, forse l'unica arca possibile di un'improbabile salvezza.Nel corso della notte un container era stato agganciato male, e il sistema di controllo dell'ascensore l'aveva riportato al suolo. Hal Doren ispezionò il contenitore per accertarsi che l'involucro protettivo esterno non avesse subito danni, poi, constatato che era intatto, digitò sulla tastiera del centro di controllo gli ordini perché un robot di servizio provvedesse a riagganciarlo ai cavi di salita dell'ascensore.

Aveva appena terminato quando il telefono satellitare che portava alla cintura si mise a squillare.

- Hal Doren?

Hal riconobbe subito l'accento cantilenante che denunciava l'origine asiatica di Heiko Sumita.

- Si, Heiko, cosa c'è?

- Un'emergenza. Nina Kirsten era in ricognizione aerea, quando è incappata in una di quelle anomalie magnetiche che mandano a pallino le strumentazioni di bordo. Ha dovuto fare un atterraggio di fortuna. Sta bene ma l'elicottero non ne ha più voluto sapere di ripartire. È bloccata e bisogna che qualcuno la recuperi. Tu sei il più vicino... e poi, a quello che ho sentito dire in giro, c'è del tenero tra te e Nina.

- Questi non sono affari tuoi -, rispose Hal seccato.

- Va bene, va bene. Che mezzo hai?

- Sono con Enos.