La Prima Convenzione (1864) trattò ;il miglioramento delle condizioni dei militari feriti sul campo.La Seconda Convenzione (1906) riguardò il miglioramento delle condizioni dei feriti appartenenti alle forze navali.La Terza Convenzione (1922) riguardò il trattamento dei prigionieri di guerra.

La Quarta Convenzione (1931) riguardò la protezione dei civili in tempo di guerra.

La Quinta, e ultima, Convenzione (1949), chiamata anche la Convenzione Definitiva, abbraccia i concetti espressi dalle Quattro Convenzioni precedenti. Il suo scopo finale è quello di preservare, in tempo di guerra, il patrimonio sano delle nazioni, stabilendo rigide regole di schieramento tra i partecipanti al conflitto. E, con un minimo e ragionevole sacrificio, è riuscita e riesce ancora nel suo intento, perché nessuno osa violarla per timore delle conseguenze.

 ;

* * *

Il cielo è grigio e carico di pioggia. La trincea è scura e carica di merda. Come le nuvole segnava i confini tra l’aria e l’acqua, il bordo che sta pochi centimetri più in alto della testa di Gaetano segna il limite tra la vita e la morte, tra la calma e la follia.

A tratti spara una mitragliatrice; a tratti esplode una granata. Urla lontane e vicine si attorcigliano nelle budella di chi è in grado di sentire e lo lasciano solo a notte fonda, verso la fine di un sonno tormentato dai ratti e dalle zecche. Chi non sente le legge negli occhi dei compagni.

Il campo di battaglia, che corre come un serpente schiacciato in mezzo a ogni Regione di Nessuno, è la fogna del mondo, il fine ultimo dell’esistenza di chi è incaricato di combattere.

Ma si tratta del suo incarico e Gaetano rimane fiero del suo compito di fronte a tutta la sua nazione. Lui affronta il pericolo al posto della sua nazione e tutta la sua nazione lo guarda. Lo fa per la Patria.

Accanto a lui Franco si sta accendendo una sigaretta.

— Non do-dovresti farlo.

— Come? — gli occhi grigi del vecchio lo fissano.

— Non fanno bene alla salute.

— Sai, avevo smesso prima di entrare in servizio, anche per non dare il cattivo esempio ai miei studenti.

Daniele solleva gli occhi dalla gavetta in cui stava rimescolando da alcuni minuti il suo pranzo e scuote la testa con  disapprovazione.

—Anche tu? — dice Franco — OK, OK, facciamo che è l’ultima.

Poco lontano c’è un esplosione. Il tremito giunge fino a chi sta appoggiato alla parete della trincea. Un po’ di terriccio si stacca e cade sugli stivali di Gaetano, che li scrolla con poca convinzione e poi rialza lo sguardo.