Per prima cosa, nel 2007, la “Legge delle Supernovae”, dimostrata dalle rilevazioni delle sonde spaziali lanciate al di là dell’orbita di Plutone, nella cosiddetta Fascia delle Comete, produsse grande agitazione nel mondo accademico, confermando le ipotesi di Roosen formulate già nel lontano 1957. In parole semplici si trattava di questo: le supernovae galattiche non esaurivano tutta la loro carica di energia nella grande esplosione finale, ma descrivevano un ciclo che le portava a esplodere a intervalli regolari, naturalmente su scala cosmica: intervalli esattamente di 10.000 anni terrestri. La celebre nova di Cassiopeia del 1572 era dunque già apparsa nell’anno 9572 avanti Cristo. Maggiormente sensazionale, però, era che le supernovae occupavano ogni cinquantamila anni la stessa posizione relativa rispetto alla Terra nella sfera celeste. Le supernovae quindi ogni diecimila anni prima esplodevano, poi implodevano, fino a riaccendersi in un ciclo senza fine, in palese contrasto con tutte le teorie precedentemente elaborate.Il secondo evento, ancor più eccitante per me, fu la scoperta dell’immenso tesoro archeologico negli scavi di Lanha Drow, in Polinesia. Nella sperduta isola vulcanica, infatti, erano stati. rinvenuti reperti e manufatti incredibili. M ciò che aveva scosso l’ambiente scientifico era stato il ritrovamento di una perfetta carta astronomica, nella quale erano segnate esattamente le grandi supernovae, con il loro ciclo celeste.Fu dopo la pubblicazione delle prime relazioni sulla spedizione a Lanha Drow che Blend ci chiamò. Rivedemmo il professore nel suo studio: la sua improvvisa e imprevista convocazione ci aveva fatto accorrere da ogni angolo del mondo.

Stimavamo troppo Blend per permetterci d’ignorare una sua precisa r richiesta: per noi era sempre il Maestro. Ma la presenza di molti ex compagni, diventati esperti in rami che con l’archeologia avevano ben poco in comune, mi stupì. Ci legavano due elementi: eravamo stati tutti allievi di Blend ed eravamo tutti diventati, in qualche modo, delle celebrità nei rispettivi campi (non era il caso di usare false modestie).

C’erano Blondwell, Fawcett e Jenkins, noti per le loro scoperte nel campo della fisica. C’era Dubbs, che presto avrebbe ricevuto un Nobel per la sua scoperta del Campo Periodico delle Sfere. E c’era Cadge, che si dedicava, per quello che ne sapevo, a studi sull’ibernazione, ma era anche un chirurgo di fama mondiale...

Guardandomi intorno, non riuscii a immaginare per quale motivo il professor avesse voluto riunirci dopo tanti anni, ma d’una cosa ero sicuro: doveva esserci un motivo straordinariamente valido.

— Ragazzi miei — cominciò, e sorridemmo un po’ tutti, visto che tutt’intorno si vedevano capelli un po’ brizzolati, stempiature e altri segni del tempo passato che avrebbero reso stonato quel termine in bocca a chi non fosse stato il professor Blend. — Vi ho convocati perché ho bisogno di voi. Spero abbiate fatto in modo di sistemare i vostri affari per un certo periodo di tempo, come vi avevo chiesto.

Annuimmo tutti, e lui sorrise. — Lo speravo. Vedete, in questi lunghi anni, ho continuato a seguirvi, anche se non abbiamo avuto molte occasioni d’incontrarci se non in qualche congresso qua e là nel mondo. So delle vostre scoperte e dei vostri studi. È vero che solo Bennet ha continuato con successo nel campo dell’archeologia, ma come vi ho sempre insegnato, ogni scienza ha bisogno di tutte le altre per procedere, e questo non è mai stato vero come nella nostra epoca di comunicazioni istantanee e di collegamenti interdisciplinari. Bene, se vi ho chiamati qui tanto tempo, l’ho fatto per un evento della massima importanza! — Si tolse gli occhiali per ripulirli… sembravano gli stessi di tanti anni prima. — Non mi perdo in preamboli: si tratta d’una serie di ricerche sull’isola di Pasqua.

Non riuscii a trattenere un moto di delusione. Il mistero dell’isola era antico quanto il  Dio del Sole degli Incas, era inviolato e, a parer mio, inviolabile. Da decenni l’isola era uscita dalla sfera d’interesse degli archeologi, per diventare un’attrazione turistica o argomento di elucubrazioni cervellotiche di contattisti ed esoterici. Non c’era più nulla da esplorare, lì. Un palmo di terra, 118 kmq., e un villaggio, Orongo. Moai e Ahu avrebbero conservato il loro segreto per sempre, se davvero ne nascondevano qualcuno, come i primi esploratori (e i più romantici divulgatori) avevano supposto.

Eppure Blend era un uomo imprevedibile, un genio, e non parlava mai a vanvera. Per un momento mi lasciai trasportare dai vecchi sogni di ragazzo che avevano fatto nascere in me la scintilla della passione per l’archeologia… Tutte le vecchie storie, le leggende, le avventure che circondavano Rapa Nui... I libri di Thor Heyerdal, le storie delle riviste di fantascienza lette tanti anni fa...

Mi lasciai un po’ trasportare dalle assurde parole che il professore pronunciava, prima di risvegliarmi da quella specie di sogno e trasalire, per chiedermi se il nostro vecchio Maestro non avesse, alla fine, davvero perso la ragione!