- Senta - alzai la voce sopra l'assurdo rombo del motore, mentre attorno a noi scorreva un paesaggio piatto e abbastanza brullo. - Io mi sono studiato un po' di appunti venendo qui. Ma quel poco che ho capito è solo che su questo pianeta c'era una razza di tipo umano, abbastanza civilizzata, che si è estinta, tranne in alcune zone remote e selvagge.  Una buca particolarmente grande mi tolse il fiato. - Tutto qui. Non è già successo in un sacco di altri mondi?- Ma qui è diverso, signor Lowell, molto diverso. Vede, la stranezza di questo luogo è che l'estinzione è avvenuta in pochissimo tempo.- Cosa intende per pochissimo tempo?

- Giudichi lei stesso.  

Anderson superò una altura, si fermò all'improvviso e fece un cenno con la mano libera dal volante. Rimasi stupito. Mi sarei aspettato un sito archeologico come quelli che mostrano negli ologrammi culturali della sera. Bassi tumuli di terra arroventata dal sole cosparsi di frammenti di ceramica, cumuli di colonne e architravi corrosi dai millenni rimasti immobili sin dal momento del crollo, alti e sottili scheletri di assurdo cemento armato che artigliano il cielo come dita contorte.

Davanti a noi, al contrario, c'era un'intera città. Si estendeva per chilometri e chilometri su una serie di basse colline, in un groviglio di edifici di ogni tipo. Bassi palazzi dai colori vivaci ormai sbiaditi dalle intemperie, alti grattacieli punteggiati da mille vetri infranti, palazzoni grigi dal rivestimento scrostato. Verso la parte centrale il tutto scemava in un mare color mattone di mille e mille costruzioni, accatastate e affastellate in un disordine caotico sino a lambire le rive di un fiume che serpeggiava pigro con ampi meandri per perdersi poi in lontananza incurante dei resti dei numerosi ponti che lo attraversavano.

Anche un profano come  me capì subito l'anomalia che avevo davanti.

- Non è una città in rovina.

Anderson sorrise soddisfatto. - Esatto, signor Lowell. È questo il punto misterioso. Questa città è abbandonata da meno di cento anni. E ce ne sono di simili, a migliaia, in tutto il pianeta. Vuote e piene di morti.

Il campo base della spedizione era insediato in una piazza al centro della città, sovrastata da un enorme edificio in pietra dalla copertura a cupola e dal loggiato formato da grandi colonne. Tutto attorno maestosi e decrepiti palazzi in mattoni proteggevano con la loro mole vicoli stretti e oscure stradine, per lo più inaccessibili per via dei crolli. La maggior parte dei tetti era venuta giù, le finestre erano buchi scuri che davano su interni ammuffiti, tutto era sconnesso e abbandonato ma la sensazione di trovarsi in una città ancora abitata era fortissima. Tanto che le squadre di disinfestazione dell'Università avevano dovuto far fuori, con bombardamento di raggi esteso, tutto uno stuolo di animali ex domestici che avevano invaso tutti gli edifici.

- Questa città si chiamava Roma, o qualcosa del genere, non abbiamo ancora decifrato del tutto il loro alfabeto. Non mi chieda che cosa significasse, perché non ne ho la minima idea Sembra che anche su questo pianeta non si fosse ancora sviluppata una lingua comune. Anzi. 

Anderson mi indicò una iscrizione intagliata nel grande edificio di pietra. - Ipotizziamo addirittura che il linguaggio di alcuni graffiti non sia lo stesso parlato nella città all'epoca del disastro.