Robert Rodriguez, che già nel 1994 aveva iniziato a scrivere un trattamento per un sequel di Predator, proprio mentre aspettava di dedicarsi alle riprese del celebre Desperado, vide morire e nascere il progetto prima che prendesse forma (forse per il budget eccessivo, stimato, all’epoca, in 150 milioni di dollari, una cifra non esattamente contenuta).La Twentieth Century Fox si dedicò ai crossover, con risultati non proprio esaltanti; decise quindi di ricontattare Rodriguez è coinvolgerlo in nuovo progetto. E questi scelse di attivarsi in prima persona anche come produttore, a quindici anni di distanza dal trattamento che aveva buttato giù: “Hey, vorremmo rifare questo franchising e abbiamo trovato il tuo vecchio script”, racconta lo stesso regista messicano, divertito. “Saremmo dovuti arrivare qui con le serie! Vogliamo andare avanti”. E poi conclude, soddisfatto: “ed è quello che stiamo facendo”.Il produttore comincia subito a lavorare con l’intento preciso di “resuscitare” la serie e dare vita ad un lavoro “alla James Cameron”. Dopo aver visionato le vorticose e coinvolgenti scene d’azione di Armored (2009), dà il suo placet a Nimròd Antal, cineasta quasi di primo pelo, che si ritrova di punto in bianco a dirigere il film, sommerso, per giunta, da una mole di materiale di pre-produzione.Rodriguez è un regista: ha realizzato un trattamento molto dettagliato e ha le idee fin troppo chiare. E la sua firma è evidente non solo nel plot, ma anche nel character concept (pur affidato, dando un segnale di continuità, ai fratelli Thomas, sceneggiatori dei primi due Predator ma anche di Wild Wild West e Mission to Mars, per intenderci).E un espediente tipico degli action-movie anni Ottanta gli permette di reclutare un cast internazionale più spendibile e di mettere in moto, come nel primo Predator, una brigata di personaggi diversi, accomunati dalla violenza e dallo sforzo (collettivo e spesso individuale) di sopravvivere.Il trailer, veramente godibile, ci restituisce triplicata sia l’adrenalina che l’ansia claustrofobica del capostipite della saga, allineandosi, al contempo, alle recenti sperimentazioni delle serie tv di successo (e non a caso, pescando anche alcuni attori più noti, proprio da quell’ambito). La trama, da quanto è trapelato fin ora: i Predator non hanno digerito la sconfitta del loro precedente emissario sulla terra (battuto dal maggiore Dutch, interpretato da Arnold Schwarzenegger, nel primo film). Si prendono dunque la briga di mettere in piedi una sorta di “riserva di caccia” in un lontano pianeta e, dopo aver rapito e tradotto nella riserva i migliori assassini, soldati e mercenari della Terra, testano, a loro modo, le effettive capacità di combattimento degli umani. Niente di eccessivamente nuovo sotto il sole, ma sufficiente a farci pregustare l’attesa.

Sembra che Adrien Brody (che interpreta Royce, un ex-militare statunitense divenuto mercenario), abbia messo su qualcosa come 10 kg di massa muscolare per essere a suo agio nella parte; non ne aveva bisogno Danny Trejo, ormai attore feticcio di Rodriguez (oltre che suo parente), qui, manco a dirlo, nei panni di Cuchillo, un narcotrafficante messicano. A Topher Grace tocca la parte del “pesce fuor d’acqua”: interpreta Edwin, uno scienziato finito in gabbia assieme alla peggiore “feccia dell’umanità”. Ma, colpo di scena, è uno spietato serial killer. In trappola c’è anche Mombasa (Mahershalalhashbaz Ali), membro di uno “Squadrone della morte” in Sierra Leone o Nikolai (Oleg Taktarov), dei corpi speciali russi. È in trappola anche Isabelle (Alice Braga), cecchino brasiliana e Hanzo (Louis Ozawa Changchien), silenzioso assassino della Yakuza, la mafia giapponese.

Siamo molto curiosi di vedere Walton Goggins, (l’odiato/amato Shane, nella serie The Shield), impersonare un detenuto prelevato dal braccio della morte di San Quentin. Stando a Mahershalalhashbaz Ali è: “un grande cast, assieme agli elementi d’azione e di science fiction, con il coinvolgimento di Robert Rodriguez credo che porterà il film ad un altro livello”.