Gli alieni tornano a sbarcare sulla terra, ma il loro degno rivale è impegnato a governare la California: per l’atteso Predators, nelle sale italiane dal 14 luglio, Arnold "Schwarzy" Schwarzenegger non ha regalato ai suoi fans nemmeno un cameo. Poco male: d’altronde nel celebre franchise a far la voce grossa è sempre stato il “predatore” più che la “preda”. E Robert Rodriguez, in Predators nella duplice veste di scrittore e produttore, promette un “sequel di valore” e cita James Cameron e il suo Aliens (1986), adottando, non a caso, un titolo “al plurale” che dovrebbe dircela lunga.

Ammettiamolo: siamo mediamente incapaci di sopportare la fine di una storia che ci ha appassionato. E quando ci viene pronosticato un nuovo titolo, ci dividiamo in chi non disdegna una riabilitante “cosmesi visiva” (offerta, magari, dal digitale e perché no, ora anche dal 3D) e chi difende l’originale genuinità. E se è vero che c’è chi storce il naso e critica ogni variazione sul tema (impazzano, via forum, le discussioni sull’argomento), è pur vero che i puristi sono i primi a mettersi in coda e pagare il biglietto, non fosse altro per lamentarsi con cognizione di causa. Ma guai a chiamarli remake o sequel: ad Hollywood la parola d'ordine è il reboot (letteralmente: “riavvio”), l’ultimo ritrovato per rilanciare franchise già collaudati.

Con il reboot le major possono epurare i capitoli “scomodi” dalla continuity “ufficiale” di una serie: Predators, si presenta infatti come “sequel” del primo film (Predator, 1987, di John McTiernan) e spazza via secondo capitolo (Predator 2, 1990) e crossover (Alien VS Predator del 2004 e Alien VS Predator: Requiem del 2007). Come a dire: “fate finta che non li abbiamo prodotti, anche se ve li abbiamo propinati”.

Una formula, quella del reboot, che rappresenta la gioia di ogni produttore: un’operazione commerciale decisamente lucrativa e senza rischi eccessivi.

Prime tracce di reboot risalgono forse al misconosciuto Manhunter – Frammenti di un omicidio (1986) diretto dall’ottimo Michael Mann,  in qualche modo “bypassato” dalla successiva serie di Hannibal Lecter, tenuta a battesimo da Il silenzio degli innocenti (1991); Red Dragon (2002), in quest’ottica non è il remake di Manhunter, ma il “capitolo ufficiale” della trilogia con Anthony Hopkins.

Non c’è da stupirsi: il reebot è una routine dei comics americani, dove le serie si azzerano al sopraggiungere dei primi sintomi di senilità. Il ragno radioattivo “torna” a mordere per “la prima volta”, e il gioco è fatto. E ora, in un momento in cui le contaminazioni tra fumetto e cinema si sprecano, tocca al grande schermo: l’incursione nell'universo di Gene Roddenberry (l’undicesimo capitolo), firmata da J.J. Abrams (Star Trek, 2009) è un reboot, al pari di Casino Royale (2006), restyling di un James Bond tornato fresco di “licenza di uccidere”, con il volto (sarebbe meglio dire i muscoli) di Daniel Craig. Caso più eclatante resta L’incredibile Hulk (2008), reboot solo cinque anni dopo la presunta “falsa partenza” di Ang Lee con il suo Hulk (2003).

Queste sono le prime cartucce – per lo più centrate, stando al botteghino - di una “reebot-mania” destinata a rilanciare non solo la saga dei Predator, ma titoli come Robocop, Highlander e La Mosca; persino la fortunata serie nata dalla prolifica penna di Tom Clancy tornerà in auge, forse proprio con Chris Pine (il "James T. Kirk" del reebot di Star Trek) chiamato ad interpretare Jack Ryan, ruolo che dal ‘90 al 2002 fu di Alec Baldwin, Harrison Ford e Ben Affleck in ben quattro film (da Caccia a Ottobre Rosso (1990) a Al vertice della tensione, 2002).

Ma torniamo al film. Prima di imbatterci nel cast effettivo, ricordiamo la quantità esorbitante di voci di corridoio, smentite, contro-smentite seguenti, che aleggiavano intorno agli attori scritturati. Un ritorno di Arnold Schwarzenegger, no, reciterà nuovamente Danny Glover, no, puntiamo sul wrestler John Cena come nuovo protagonista. Si ventilò persino l’ipotesi di richiamare Sylvester Stallone, non proprio sulla cresta dell’onda negli ultimi anni, ma in attesa di riscattarsi con il prossimo The Expandable, progetto già in parte fallito in partenza; l’idea era di contrapporlo a Schwarzy, suo amico/rivale di sempre ma poi, è sfumata.