Afferro al volo e la anticipo: — Le mie due lauree conseguite in Uganda, vuoi dire. — Snješka sorride: — Esatto. L’istruzione autentica oggi è nell’ex Terzo Mondo, divenuto il vero “pensatoio globale”. E quindi anche l’economia planetaria sta cambiando. Certo non siete proprio ricchi, né benestanti, e avete enormi disuguaglianze, ma l’Occidente si è dato l’ultima zappata sui piedi, non contento della Grande Crisi del 2009.

Mi guardo intorno. È questa la Città Eterna di cui leggevo ammirato durante i miei studi? Incredibile. L’Urbe che condizionò e scrisse la storia del mondo per secoli? Oggi ha più l’aspetto di un anonimo formicaio nevrotico e inquinato, sull’orlo del collasso. Poi mi torna a mente che mi trovo in ciò che noi chiamiamo Ex-Mondo. — All’aeroporto mi hanno vaccinato — dico. — Che altro sta succedendo?

Lei: — Certo, contro il perikitanka… È un nuovo ceppo, ma non temere. Ci stanno piovendo addosso un sacco di strane malattie.

Cado dalle nuvole. — Peki.. pertiri… Ma cosa è?

— La variante contaminata della muffa d’una pianta asiatica. È la prima volta che le malattie del mondo vegetale attecchiscono in quello animale. Colpa delle ibridazioni Ogm, si pensa. 

Cambio argomento. — Hai da fare, stasera?

Lei scoppia a ridere. — Ti vedo smarrito, Amin. Stasera? Spiacente, ho un impegno.

— Scusa — le dico.

Ci alziamo dai tavolini e tiro fuori la card per pagare. Snješka protesta, vorrebbe offrire lei. Il tutto mi costa una cifra ridicolmente irrisoria.

Già, la svalutazione…

Ci salutiamo. Stringendomi la mano dice: — Ma tu riprova per domani sera. — Sorride, poi si gira e se ne va.

Al Centro Smistamento – un palazzotto malandato in periferia – mi riceve un certo signor Maazel. Mi saluta frettolosamente e mi consegna una card. Prima parla in tedesco, io scuoto la testa, allora passa nervosamente a un italiano disastroso, da intuire più che capire: devo controllare che la card sia la mia; dentro c’è l’indirizzo al quale recarmi, e sono descritti i miei compiti. Mi impone la firma d’una ricevuta, poi borbotta un — Auf Wiedersehen. — Mi ritrovo con la card in mano: Maazel è sparito. Esco.

Di fronte vedo del verde. C’è un giardinetto pubblico che appare meno stitico di quelli visti finora. Fra gruppi di persone anziane e malmesse trovo una panchina libera, mi siedo, tiro fuori la card e il mio lettore portatile. In tre minuti credo di aver capito tutto. E di non saper proprio cosa fare.

Non avevo idea che esistesse la figura del Pacificatore Scolastico.

Ora lo so, ma temo non sia sufficiente.

La scuola si chiama “Alessandro Volta” ed è un istituto superiore. È ubicata al Laurentino 38. Apprendo questo che è divenuto uno dei quartieri periferici più malfamati. Apprendo anche che ieri la mafia cinese (ufficialmente) ha provocato l’esplosione di un intero palazzo a 10 piani: 113 morti. Erano uffici del Comune, nell’ora di punta, e si può immaginare di tutto sui reali mandanti.

Giungo in vista della scuola, che si presenta come un enorme isolato a due piani. Già da lontano mi arriva un vociare intenso, come da uno stadio di calcio. Foglischermo luminosi alle mura gridano slogan: ABOLIRE LA SCUOLA! Leggo anche: MORTE AL PRESIDE! Un’altra: A SCUOLA: SCOPARE COME CI PARE! Sull’ingresso, che è una scalinata, sono fermi gruppi di persone. L’atmosfera è accesa. Mi avvicino, nessuno sembra accorgersi di me. Alcuni giovani stanno contrattando fra loro, guardo meglio: circolano bustine. Molti esibiscono tranquilli una fondina con un’arma, o coltelli. Pacificatore Scolastico? Stringo i denti e decido di entrare. Chiedo del Preside.