La Polizia spaziale non era mai tenera con gli SpazioCargo che si facevano pizzicare a traghettare rifugiati extrasistema all'interno dei confini di Proxima.Max aveva sentito storie orribili di SpazioCargo che per non farsi beccare in flagrante avevano abbandonato centinaia di profughi a morire di fame e di freddo sugli asteroidi, e aveva giurato che se mai ne avesse incontrato uno gli avrebbe fatto sputare le budella sul quadro comandi della nave.

Ma ora era incastrato tra la sua coscienza e le sue necessità: non sopportava l'idea di essere complice di Orso, ma non poteva assolutamente rinunciare a quel passaggio verso Proxima. Il Silver Dolphin non lo avrebbe aspettato ancora per molto.

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Fanjigo, il pianeta officina, non era un vero pianeta bensì una grossa stazione spaziale dalla forma sgraziata, cresciuta in modo disordinato intorno a una struttura centrale. Lo spazio era disseminato di quegli affari: era il modo più economico di assicurare assistenza meccanica alle migliaia di navi che viaggiavano avanti e indietro nella galassia.

Orso accostò lentamente la Sosumi a uno dei portelloni di attracco e le due strutture di titanio si accoppiarono con una serie di ronzii e di sbuffi.

Senza degnare Max di uno sguardo, lasciò subito la nave per andare ad acquistare i pezzi di ricambio per il motore. Non c'era tempo da perdere: per colpa di quell'inconveniente avevano già perso mezza giornata e un'altra mezza se ne sarebbe andata nelle riparazioni. Dall'altra parte del confine di Proxima, la nave mandata dalla Mafia a ritirare il carico, non vedendoli arrivare se ne sarebbe andata presto.

Qualche ora più tardi, mentre Orso era impegnato a smontare il vecchio collettore, il sistema di comunicazione del portello principale si attivò con un fischio assordante e una vocina sintetica annunciò la visita di un rappresentante della Polizia della stazione.

Orso, sicuro che Max non avrebbe fatto gli onori di casa, uscì dalla sala motori strofinandosi le mani su uno straccio sporco e riguadagnato il ponte superiore azionò il meccanismo d'apertura del portello.

Non successe niente. Spazientito, allungò un calcio alla paratia e quella, obbediente, scomparve nell'intercapedine del muro metallico.

Fuori dalla nave, lungo la passerella del cordone ombelicale che la univa alla stazione c'era Garth, il maresciallo della Stazione, insieme a quattro altri sbirri denebiani.

- Garth? Che c'è? Salak ha cambiato idea sul prezzo che abbiamo contrattato? – esclamò Orso, sorpreso da quella visita.

Garth lo guardò come per scusarsi: l'espressione dipinta nei suoi occhi sporgenti non lasciava presagire niente di buono.

- Mi dispiace, ma dobbiamo perquisire la nave. Ordini del colonnello Garo, della Guardia di Finanza terrestre.

Orso rimase sbigottito per qualche secondo, fissando la faccia giallo-verdognola del maresciallo denebiano.

Evidentemente quel porco di Garo prima si era preso i soldi e poi li aveva fregati, emettendo un mandato di perquisizione nei loro confronti. Ma tutto sommato era meglio che fossero stati fermati da quei pezzenti di Fanjigo piuttosto che dalla Polizia Spaziale. Una volta oltrepassati i confini di Proxima, quel mandato avrebbe avuto lo stesso valore di un pezzo di carta igienica.

- Va bene, sali. – si arrese. - Ma lascia a terra i tuoi amichetti. Non voglio denebiani in giro sulla mia nave dove non posso controllarli a vista. Sistemiamo la cosa tra noi.

L'occhiata che lanciò al maresciallo lasciava chiaramente intendere che ci sarebbe stata per lui una congrua mazzetta se avesse chiuso entrambi gli occhi su quello che avrebbe potuto trovare a bordo.