Orso non era una mammoletta quando si trattava di fare a pugni, ma la furia del suo passeggero era incontenibile. Con il cervello annebbiato dal colpo, Hugh si accasciò sul pavimento, respirando affannosamente. Nella penombra, la sua mano scivolò lentamente verso una tasca del giubbotto di volo.Max, ancora in preda alla furia omicida, lo afferrò per il bavero, tirandolo in piedi. La bassa gravità rendeva tutto più facile.

- Sei un lurido bastardo, uno schifoso trafficante di schiavi! – ringhiò ancora, a denti stretti.

- Questa storia è durata abbastanza! - sibilò Orso, spianandogli in faccia il suo disgregatore. - Falla finita, Bob, o il tuo viaggio si conclude qui.

                                     * * *

I rifugiati extrasistema erano sempre sporchi, tristi e affamati. Venivano dagli angoli più remoti e poveri della galassia, da pianeti in cui la vita valeva meno della pallottola che te la toglieva, in cui si poteva morire per aver detto una parola al momento sbagliato o per aver mostrato il viso in pubblico. Lasciavano i loro sistemi in astronavi a malapena in grado di sopportare l'ipervelocità, assiepandosi sulla Terra, il pianeta esterno più vicino ai confini di Proxima, nella speranza di riuscire a comprarsi un passaggio su uno SpazioCargo.

Proxima Centauri, il paese dove scorrevano latte e miele, era solo a un passo da lì, ma quel passo costava la vita a molti di loro.

Hugh detestava tutta quella storia, ma sapeva di non poterci fare nulla. Traghettare merci terrestri di contrabbando non rendeva più come un tempo e bisognava pur campare, in qualche modo. In un certo senso, quando traghettava quella gente dall'altra parte del confine li stava aiutando. Si limitava a dar loro ciò che chiedevano. Non erano nemmeno loro a pagarlo: loro pagavano la Mafia, che pagava Hugh una volta consegnato il carico a una nave che lo aspettava dall'altra parte. Questo il più delle volte, almeno.

Quella volta invece gli stava andando tutto storto e quel bamboccio di Max non si sforzava nemmeno di comprendere le sue ragioni: per lui tutto era bianco o nero.

Orso invece viveva nelle infinite sfumature di grigio.

Ormai da un giorno intero il suo passeggero se ne stava muto nella cuccetta. Appena si era calmato un po', Hugh aveva rinfoderato il disgregatore, cercando di farlo ragionare, ma pareva che la vista dei rifugiati gli avesse squagliato il cervello, riducendolo a uno zombi ambulante.

Ora la Sosumi procedeva a passo di lumaca verso il pianeta officina di Fanjigo e un silenzio teso e opprimente ammorbava l'aria della cabina di pilotaggio.

Fortunatamente mancava solo qualche ora all'attracco: un altro giorno con quel silenzio accusatorio nelle orecchie e Orso si sarebbe messo a ululare alle lune di Giove.

                                     * * *

- Come ho fatto a non capirlo? Sono un vero idiota! – mormorò Max tra sé, steso sulla sua scomoda cuccetta. Non riusciva a darsi pace per quello che aveva visto nella stiva: certo, non aveva mai pensato che Orso fosse uno stinco di santo, ma trasportare profughi!

Max si sarebbe sentito molto più a suo agio se nella stiva della Sosumi ci fosse stato un carico di armi batteriologiche abbastanza potenti da spopolare l'intero sistema solare.

Scoprire che l'uomo di cui si era fidato faceva parte di quella sporca mafia che vendeva a caro prezzo un sogno di libertà ai più poveri della galassia lo faceva sentire veramente una merda. E per di più quel viaggio era stato possibile grazie ai suoi soldi, quindi se quei poveracci erano chiusi là sotto, senza acqua né cibo, era anche colpa sua.