- L’ho letto sul giornale e sono venuto… ad assistere. Non lo sapevo fino a pochi minuti fa. Non so come ho fatto a non leggerne mai il nome in questo suo ultimo anno…

- Non vi sentivate?

Il giovane scosse la testa osservando l’allontanarsi della lettiga, il corpo era stato coperto da un telo grigio. Un piccolo gruppo di passanti curiosi si dissolse nel lasciar transitare il feretro, uno dei due addetti si era fermato a spargere segatura sul sito d’impatto.

- Era un vecchio amico d’infanzia, non lo vedevo da anni...

- Capisco… si perdono i contatti. Succede: ci ricordiamo dei vecchi amici solo quando entrano in lista, ma ormai, sarebbe solo ipocrisia a quel punto… oh! Mi scusi, sto di nuovo facendo commenti inopportuni…

Il panciuto taverniere posò una paterna mano sulle spalle di quel giovane colpito dal lutto.

- Coraggio! Forse il vostro amico ha dato un’ultima occhiata in strada prima di defenestrare. Può essere che vi ha visto, forse lui ha avuto soddisfazione nel rivedervi… ma forse anche no, forse… ma che diavolo sto dicendo? Mi scusi… oh! Ma state ancora lacrimando!

Il giovane non era riuscito a trattenere un’altra lacrima singola.

- Lacrimate pure, non c’è altro da fare: siamo nati per morire. Seguitemi nel mio locale, vi offro qualcosa da bere.

Il giovane entrò nella calda penombra della taverna.

Dopo il secondo bicchiere bevuto dal giovane il taverniere parve soddisfatto del proprio altruismo. Comunque gliene servì un terzo.

- Vi ringrazio - disse il giovane.

- Come si chiamava? - il panciuto mescitore di liquori stava consultando sul bancone il proprio Quotidiano di Regime, ne voltava le pagine con ampi gesti. Si fermò alla prima delle liste, quella titolata ;;Destini Odierni.

- Volete verificarne la presenza in elenco? - gli chiese il giovane.

- Mi scusi, volevo solo...

- …il mio amico si chiamava Karl Bierof.

- Karl Bierof? Era lui?!  

L’uomo, portandosi le grosse mani sul volto, era scoppiato in lacrimazioni multiple. Il giovane, stupito, per qualche istante lo osservò singhiozzare, poi decise di dire qualcosa, di contraccambiare: 

- Oh… ma voi state lacrimando… lo conoscevate anche voi?

- Sì che lo conoscevo! Che tragedia! Che tristezza!

Il giovane posò una filiale mano sulle spalle del taverniere colpito dal lutto.

- Lacrimate pure, non c’è altro da fare: siamo nati per morire.

Il taverniere non faceva altro, piangeva. Lacrime multiple, dolore e compassione erano cose tipiche della gente della vecchia generazione.

Il giovane decise d’andarsene accomiatandosi con una perla di saggezza proverbiale:

- Siamo nati per morire e nell’attesa dell’evento, come dice il proverbio: vuota il bicchier che è pieno, riempi il bicchier che è vuoto, non lo lasciar mai pieno, non lo lasciar mai vuoto.

Detto questo il giovane dai capelli bianchi bevve d’un sorso il terzo bicchiere e se ne andò. Stringeva ancora in pugno il suo Quotidiano di Regime.