– Lui-i-i… – balbettò senza riuscire a concludere e la sua mente si soffermò improvvisamente su un'altra scritta tracciata sulla parete, subito sotto la prima. Accomodò lo sguardo all’infrarosso e mise a fuoco quest’ultima mentre l’altra sgranava sempre più: Hybris Noèsis æthernæ Meth.

Un’altra immagine raggiunse la superficie della sua mente, come un desiderio inappagato. Separatasi dall’orbita stabile solare, il sistema binario terra-luna, legato nell'amplesso dalla Bestia vorace, era entrato in traiettoria di collisione con il sole. Spiraleggiando sempre più come un serpente, attratto dall'invitabile potere della gravità, ormai prigioniero del furioso incedere del tempo.

Hybris Noèsis æthernæ Meth.

Il Golem abbracciò con lo sguardo l’intero spettro: ovunque, dipinte con colori lontani dalla gamma del visibile, sui ponti e le metropolitane, sui grandi ingressi delle Banche dati e degli istituti di credito d’Anima, sulle vetrine dei negozi e in mezzo alle piazze dalle fontane spente e imputridite, le scritte  troneggiavano accanto a cerchi con dentro un quadrato. Il tetragràmaton, il simbolo della Nuova Anarchia: un simbolo che era stato disegnato prima, molto prima del diluvio.

Prima che l’onda liquida di aria calda dilagasse su gran parte del pianeta fondendo, consumando, rendendo uno ciò che prima era diviso. L'atmosfera rarefatta del globo si era surriscaldata, gli oceani avevano bollito, la pressione era salita, e come acqua si era propagata.

Un diluvio di fuoco. Battesimo divino.

Il Golem si guardò la mano, la materia organica andava a  poco a poco deteriorandosi. Sotto la pelle biosintetica s'intra-vedevano i giunti cardanici delle ossa in fibra di carbonio e i muscoli organici. Il Golem Bèl si stava rovinando.

Si girò e s'incamminò lungo la strada deserta, mossa da un lieve vento vaporoso. Il calore stava arrivando.

– Questo è l’evento finale? – chiese e Bhaga gli rispose immediatamente. No, non era quello il suo evento finale.

Proseguì dritto, apparentemente senza guida tra quelle strade spoglie, mentre il calore aumentava sempre più. In giro non c'era nessuno, solo edifici abbandonati.

Erano trecento anni che proseguiva verso la sua meta. Soffermandosi solo davanti a quella strana scritta:

Hybris Noèsis æthernæ Meth.

Ne aveva contate miliardi camminando, con la semplice e monotona trazione dei suoi arti di carne e metallo. Le linee di trasmissione di materia e anima erano intasate, sovraccariche. Molte avevano ceduto e intere Banche dati d'Anima s'erano fuse, portando seco nell'abisso grandi capacità di calcolo e memoria.

Come lui tutti i Golem erano nati nella rinuncia della libertà per la Teogamia. Avevano abbandonato le loro case, i loro lavori e i loro desideri comuni, i loro figli collettivi e le famiglie neurali. Ciascuno, solo tra molti, aveva lasciato il suo ceppo genetico e si era incamminato da ogni angolo del pianeta verso Bhaga.  Verso Babbilani... la porta degli dèi.