A guastare quindi un’opera tutto sommato buona, ma non certo eccezionale, è soprattutto la storia posticcia che viene inserita nel film, sentimentale anche se sui generis, tra Arthur Dent e Trillian. Benché in molti punti anche qui si cerca di parodiare, facendo il verso a tante classiche scene dei film d’amore, la storia si rivela un po’ insulsa sia perché chiaramente stonata che per l’essere affidata a due personaggi di poco spessore. Martin Freeman, che interpreta Arthur, è un valido caratterista per i ruoli in cui è richiesto un certo umorismo “british”, ma proprio per questo è inadatto in situazioni diverse; Zooey Deschanel è fin troppo insipida per il ruolo di Trillian (oltre ad essere penosamente doppiata in italiano). Ma in generale il difetto di fondo va rintracciato nell’impossibilità di trasporre un’opera come la Guida sul grande schermo. Frammentata, discontinua, fatta di mille sotto-storie diverse a malapena tenute insieme da un labile filo conduttore, e forse per questo opera “postmoderna” per definizione, la Guida mal si presta a un tentativo di darle un senso di linearità e coerenza come quello di un film. Non a caso la sua formula migliore è quella episodica: il romanzo composto da paragrafi il più delle volte a se stanti, la serie di libri, le diverse puntate per radio e quelle per la televisione. Cercare di rinchiudere il portentoso bagaglio di idee, trovate e invenzioni di Douglas Adams all’intero di una pellicola di due ore si rivela impossibile e anche sbagliato perché comporta inevitabilmente la perdita dell’originalissima formula della Guida.
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