Il 25 febbraio è morto, nel sonno, Philip Jose Farmer. Aveva da poco compiuto 91 anni. Con lui se ne va un altro dei grandi della fantascienza.

Nel sangue di Farmer scorreva una decina di nazionalità diverse: inglese, olandese e irlandese per parte parte di padre, scozzese, tedesco e cherokee per parte di madre. Niente sangue hispanico, come sembrerebbe suggerire il secondo nome, spesso scritto con l'accemnto: José. In realtà quell'accento sulla "e" trasformava in forma maschile il nome femminile "Jose" che Farmer portava in onore di una nonna materna.

Nato il 26 gennaio 1918 a North Terre Haute, nell'Indiana, da famiglia benestante e fortemente puritana, Farmer, oppresso dal un'educazione rigidamente moralista, cercava evasione nelle letture avventurose e fantastiche: dai classici greci a Swift, London, Stevenson, fino agli scrittori popolari dell'epoca come Jules Verne e Edgar Rice Burroughs e ai primi pulp di Hugo Gernsback.

La passione per la letteratura lo spingeva a iscriversi alla facoltà di lettere e a cominciare a scrivere, ma senza fortuna. Rifiutati i suoi racconti, forse troppo spregiudicati, dalle riviste del settore come Astounding. Scoraggiato smette di scrivere, si sposa, trova un lavoro in una centrale elettrica.

Riprende a scrivere nel 1951 e cerca di pubblicare il famoso romanzo breve The Lovers che, rifiutato da Campbell per Astounding e da Gold per Galaxy, viene invece accettato da Jerome Bixby per la rivista Startling Stories. Il tema del racconto è il rapporto amoroso fra un essere umano e una creatura aliena, descritto fra l'altro in modo abbastanza esplicito. Qualcosa che per l'epoca, se da una parte aveva ostacolato Farmer causandone il rifiuto delle riviste più accreditate, d'altra parte una volta stampato esplode facendo del suo autore il fenomeno dell'anno.

Farmer sfrutta l'acquisita fama e riesce finalmente a sfondare come scrittore, tanto da vincere, nel 1953, il premio Hugo (era la prima volta che veniva assegnato) come autore più promettente.

La sfortuna, tuttavia, si ricorda di lui. Nel 1954 vince un premio letterario indetto dall'editore Shasta, e sulle ali dell'entusiasmo lascia il lavoro per dedicarsi completamente alla macchina per scrivere. Shasta, tuttavia, fallisce (secondo Farmer in modo fraudolento) privandolo non solo del premio ma anche della pubblicazione del romanzo. In preda alla disperazione, Farmer deve abbandonare lo scrivere e cercare nuovamente un lavoro che gli permetta di mantenere la moglie e i figli. Solo nel 1957 riesce a ritrovare una sistemazione stabile e a riprendere a scrivere.

Ormai il mercato della fantascienza sta cambiando; l'epoca delle riviste sta finendo e si apre quella dei paperback, e per uno scrittore con una forte componente avventurosa è l'ideale. Dal 1964 riesce finalmente a realizzare il suo sogno di guadagnarsi da vivere scrivendo, e nel 1972 l'Hugo per il miglior romanzo lo consacra a tutti gli effetti fra i più grandi, premiando proprio To Your Scattered bodies go, la riscrittura di quel I owe for the flesh che aveva visto il premio Shasta e dato inizio alle sue sventure. Si tratta del primo romanzo del ciclo del Fiume, che sarà tra le serie più fortunate di Farmer, cinque romanzi e molti racconti, e un film - pessimo - tratto dal primo romanzo.

Ma il successo era già consolidato grazie soprattutto all'altra serie che lo renderà famoso, Fabbricandi di universi. Autore capace di virtuosismi letterari, come dimostra con I cavalieri del salario purpureo - premio Hugo nel 1968 come miglior romanzo breve - uno dei "pezzi forti" dell'antologia Dangerous Visions con la quale Harlan Ellison lancia la fantascienza letteraria e sperimentale americana, corrispettivo della new wave inglese, Farmer si dedica più volentieri alla fantascienza avventurosa, dai grandi scenari ricchissimi di idee. Non di rado tocca cicli e personaggi altrui: Phileas Fogg, Tarzan, Doc Savage, il mago di Oz. Scrive anche diversi romanzi apertamente pornografici, tradotti anche in Italia: Nelle rovine della mente, L'immagine della bestia.

Tra i suoi romanzi più originali resta anche Venere sulla conchiglia, pubblicato sotto pseudonimo col nome di un personaggio creato da Kurt Vonnegut, "Kilgore Trout", uno sfortunato scrittore di fantascienza nel quale probabilmente tanto Vonnegut che Farmer vedevano se stessi.

Difficile, per il lettore italiano che voglia scoprire oggi questo autore, reperirne le opere principali. Esauritissime e rare le edizioni della Nord dei cicli principali, poi riproposte da Urania a sua volta ormai difficilissimi da trovare anche sul mercato dell'usato.