Oltre 7 milioni di sudditi di sua maestà si sono ritrovati incollati di fronte al piccolo schermo per il debutto di Ashes to Ashes, un risultato eccellente che testimonia la grande popolarità raggiunta da questa serie cult-nostalgica in inghilterra.

C'era un enorme aspettatitiva da parte dei fans e dei mezzi d'informazione sul come si sarebbero potuti sviluppare gli eventi dopo il finale mozzafiato di Life on Mars che aveva lasciato senza parole gli spettatori con il suicidio del personaggio di Sam Tyler. Aspettativa che si è inevitabilmente tradotta sui tabloid britannici in una serie di reazioni contrastanti con giudizi che variano tra l'esaltazione e la stroncatura, praticamente senza vie di mezzo.

In effetti la direzione dell'episodio non è delle più felici, e alcuni salti logico-narrativi dovuti probabilmente ad un montaggio teso ad accellerare lo svolgere degli eventi sono sin troppo evidenti.

Come anche l'assenza di un attore protagonista del calibro di John Simm genera almeno inizialmente un vuoto: è un po' lo stesso effetto che si ha a vedere i Queen suonare senza Freddy Mercury.

Ma Ashes to Ashes non è di quei telefilm che che vanno analizzati e dissezionati con la logica, non è un meccanismo fatto di ingranaggi che si intersecano perfettamente tra loro, è fondamentalmente un viaggio onirico, incongruente e metaforico ed è necessaria quella strana alchimia generata tra l'occhio del bambino e la nostalgia dell'adulto per vederlo nella maniera corretta.

Ecco il motivo di giudizi così difformi, Ashes to Ashes è l'incarnazione dello stracult quindi o l'amerete o lo detesterete.

Personalmente sento di appartenere alla prima categoria e mi sono lasciato cullare, pigro e indolente da questa overdose di vintage e nostalgia, respirando a pieni polmoni l'aria di un 1981 di cui mi sembrava di riconoscere ancora l'odore tra un Commodore 8032 e l'attacco di We are Friends Electric di Gary Numan & the Tubeway Army.

Del resto la musica in Ashes to Ashes non è un semplice accessorio, ma è una componente fondamentale: Clash, Stranglers, Ultravox, David Bowie, Roxy Music, la colonna sonora è l'apoteosi della new wave - new romantic britannica che ha segnato quell'epoca, e a tale proposito anticipo che negli episodi successivi vedremo pure un incredibile Steven Strange che reinterpreta se stesso in Fade to gray.

Strepitoso come al solito Philip Glenister nel ruolo del roccioso, pacchiano, sboccato, esagerato Gene Hunt al top assoluto del kitsch quando sbarca da un motoscafo armato di mitra con alle spalle il tower bridge, mentre mi limito a un "da rivedere" per Keeley Hawes che nel ruolo dalla affascinante detective-psicologa Alex Drake non mi ha convinto sino in fondo.

Lasciatevi trascinare dal vortice di Ashes to Ashes, il 1981 vi aspetta.

Buona visione.